EMMANUEL MIEVILLE "Four towers and a bridge"
(2023 )
Fino a qualche anno fa, andava di moda citare i cosiddetti “nonluoghi”, concetto dell'antropologo Marc Augé, che indicava i luoghi non identitari, né relazionali, né storici, come ad esempio i centri commerciali, le sale d'attesa, le stazioni dei treni, eccetera. Di recente, lo spazio mentale collettivo che ospitava questo concetto, è stato sostituito dall'aggettivo “liminale”, grazie anche al successo internettiano delle backrooms. Per alcune persone (tra cui il sottoscritto), tutti gli spazi di passaggio, le stanze di servizio, i corridoi, i disimpegni, le scale mobili, le retrovie, esercitano un fascino inspiegabile. Sono posti che, proprio perché neutrali, privi di un'importanza storica o sociale (come invece le piazze, i monumenti, la propria casa), testimoniano il nostro essere temporanei.
Emmanuel Mieville, musicista elettroacustico impegnato nella musica concreta e nel field recording, pubblica “Four towers and a bridge”, per l'etichetta Forms of Minutiae. E porta alle nostre orecchie registrazioni di zone di passaggio e macchinari. Per la precisione: ha inciso l'ambiente del ponte Eiffel, che sta in Portogallo, nella prima traccia “The Eiffel Bridge to Viana”. Si ascoltano le macchine che passano, le giunture del ponte, l'aria.
Dopodiché, si è spostato nella BnF (Biblioteca Nazionale Francese), entrando nell'ascensore, e riportandocene l'ambiente in “Ascenseur en montée”. Restando sempre tra i libri, c'è un macchinario che li trasporta automaticamente, chiamato TAD. Per come è descritto, mi ricorda il braccio meccanico che da noi vediamo nelle farmacie. “Tadinmotion” ci fa contemplare il macchinario in movimento, il suo rumore sordo, il sibilo prolungato, i movimenti secchi e automatizzati.
Il tutto viene ovviamente poi elaborato e manipolato, ma all'apparenza non troppo, per non perdere in esperienza autentica. I field recordings sono accompagnati dai sussurri di una ghironda motorizzata, rendendo surreale anche lo strumento folk.
L'attenzione dev'essere posta sul fatto che stiamo ascoltando a casa, in cuffia, rumori che lì non ascolteremmo mai. La decontestualizzazione è ciò che rende interessanti questi ambienti sonori. È come nell'arte concettuale, quando prendi un oggetto di uso comune, ad esempio un estintore, e lo esponi al museo: il fatto che sia esposto lì, lo risignifica. Allo stesso modo, ascoltare sul divano le automobili passare sopra al ponte, facendo rimbalzare le parti in acciaio, ci fa percepire il tempo che scorre, e lo spazio nel quale lo trascorriamo quando ci spostiamo, senza ragionarci tanto. Così invece, siamo in un certo senso costretti a rifletterci, anche sui cigolii che l'ascensore emette, salendo e scendendo, e restando lì in attesa che qualcuno lo riutilizzi; così come il TAD.
“Drips”, la quarta traccia che chiude questa esplorazione di zone artificiali, contraddice quanto ascoltato finora: è un micromondo sommerso da gocce d'acqua e vento, con un cagnolino che abbaia sullo sfondo, prima di scalpicciare delle foglie e aprire forse un portone. È forse questo un “luogo”, in contrapposizione ai nonluoghi? Fatto sta, che Mieville è efficace nel porci molte domande, oltre che a restituirci il fascino degli spazi liminali. (Gilberto Ongaro)