ROBERTO BONATI & PARMAFRONTIERE ORCHESTRA  "La fòla de l'oca"
   (2023 )

Dalle mie parti, in Veneto, si ripete la filastrocca “La storia del siore intento”. Mia nonna me la ripeteva, e prevedeva una risposta che era sempre sbagliata, e il ritornello si ripeteva all'infinito. Surrealismo popolare. Scopro ora che esiste anche altrove, leggermente diversa. Parma, nel 2020 diventa capitale italiana della cultura, e due anni prima il compositore Roberto Bonati, dirigendo la ParmaFrontiere Orchestra, realizza un progetto su richiesta dell'Assessore alla Cultura, proprio per partecipare al bando per ottenere tale riconoscimento. Bonati decide di improntare il suo lavoro sul Tempo. E come titolo per l'argomento, sceglie “La Fòla de l'Oca”, variazione emiliana della “Storia del siore intento”.

I brani che compongono questo lavoro sono lunghi e richiedono un ascolto concentrato. Richiedono Tempo, per l'appunto. Sono composizioni con varie dissonanze, ma mai del tutto atonali; semmai, esatonali, come l'iniziale “Quid est ergo tempus”, che però prima di far partire l'orchestra, si avvia con un'anziana che recita la Fòla, e una voce infantile gli dice la risposta, che anche nel suo caso è sempre “sbagliata”. Il ritornello infinito si perde in un mare di grilli.

I suoni vengono usati come pennellate di Gauguin: campiture piatte di colore. La ricerca di Bonati indugia proprio sul timbro degli strumenti, lasciando loro il... tempo di decantare, come su “Amid Time”. Gli strumenti sono tanti, per cui abbiamo una vasta gamma di colori: oboe, clarinetti, flauto, sax soprano, contralto e tenore, tromba, flicorno, trombone, due violini, viola, violoncello, contrabbasso, chitarra, vibrafono, contrabbasso, percussioni. Non manca più nessuno, solo non si vedono i due fagotti!

La maggior parte della musica è strumentale, ma ci sono anche le parti cantate dalla voce di Giulia Zaniboni, che verbalizzano le riflessioni musicali sul tempo. Gli autori dei testi sono nientemeno che S.Agostino, Eraclito, Marco Aurelio e Walt Whitman!

Ogni tanto, ci si concede qualche digressione jazz, come in “Apidòn Eis to Tachos”, con assolo di violino prima, e di chitarra elettrica poi. Il finale è energico, e la ParmaFrontiere si rivela una big band, con le costruzioni armoniche e ritmiche di Bonati per i fiati. Si torna meditativi con “In Te Anime Meus”, anche se pure lì c'è un momento d'assolo. La terza parte però è caratterizzata da drammatici colpi di piatti. Le melodie cantate non sono “orecchiabili”, perché si richiede di seguire la voce nel suo percorso vitale, come in una delle “melodie infinite” di Wagner, ma su un impianto tonale più rarefatto. Altro brano incalzante è “Potamós”, sostenuto da un groove ritmico, con dei colpi di ottoni e unisoni con il vibrafono da spy story, e pizzicati d'archi da alta tensione.

“La Fòla de l'Oca”, come ogni prodotto culturale, pretende il suo tempo per essere apprezzato. Se glielo si concede, arrivano le soddisfazioni uditive, e le riflessioni positive sull'essenza del tempo, lo stesso tempo impiegato per l'ascolto, che si fa vivo: ci si sente vivere, che poi è lo scopo ultimo della musica. (Gilberto Ongaro)