FIESTA ALBA "Fiesta Alba"
(2023 )
Un afflato smaccatamente intellettuale sospinge le cinque tracce dell’ep di esordio del misterioso quartetto Fiesta Alba, al debutto su label Neontoaster Multimedia Dept. con questi diciannove minuti tanto inafferrabili quanto affascinanti, coinvolgenti nella loro ostinata ricerca di trame non lineari, meticce e contaminate fino al midollo.
Si presentano en travesti, protetti da identità di comodo (Octagon, Don Caras, Fishman, Pyerroth), volti e corpi celati sotto paludamenti da lottatori, simbolismo scoperto al servizio di un’operazione colta quanto basta a farne intrigante esempio di pur conciliante sperimentazione.
Musicalmente, un ibrido perfettamente aderente a quel sincretismo tanto contemporaneo che frulla e miscela disparate istanze fondendole in qualcosa di nuovo: schegge degli ultimi Mano Negra, contorsioni concettuali à la C’Mon Tigre, divagazioni che lambiscono la club-music imbastardita della Londra di inizio millennio, inserti capaci di flirtare con le ultime propaggini del vasto mondo hip-hop.
Concettualmente, un pastiche ubriacante intriso di calcolata frenesia e di ritmo incalzante, incontro di elettronica, world-music, sporadici rigurgiti post-punk, EDM ed altre diavolerie assortite. L’opener “Laundry” è un piccolo capolavoro programmatico che riunisce tutte le diverse anime del progetto: muove da un riff, si articola arzigogolata in un dedalo di algida percussività, muta registro vocale di continuo, un po’ John Lydon, un po’ Joe Strummer, un po’ suk mediorientale. Si divincola tra scariche elettriche e contorsioni del synth, sottrae punti di riferimento, confonde, eppure attrae nel suo ingorgo ammaliante, reso ipnotico dai contrappunti del sax (l’aria dub di “Burkina phase”), da suggestioni jungle/drum’n’bass (“Juicy lips”), da subdole virate latin (“Dem say”), da linee melodiche mai prevedibili (“Octagon”).
Il milieu – arricchito da numerosi featuring – è ideale per i tempi che corrono: musica ondivaga che è ovunque ed in nessun luogo, è tutto ed il suo contrario.
Lavoro mutevole, inquieto, ipercinetico, rifinito con classe e figlio di una scrittura capace di spingersi continuamente oltre. Al fin della licenza, funziona eccome. (Manuel Maverna)