MONDO BOBO "Con gentilezza"
(2023 )
Se ascoltate dischi a scopo di relax, lasciate perdere.
A meno che la vostra idea di relax non sia quella di farvi travolgere dall’uragano, “Con gentilezza” – mai titolo fu più ingannevole - non fa per voi: sovraesposta e tesissima fiera di eccessi, ruvido compendio di risentimento noir, ricorda molto da vicino il simulato abbrutimento – in realtà operazione colta, sotto mentite spoglie – di un gigante sui generis come Giovanni Succi.
Suoni cupi, ritmi incalzanti, tempi sbilenchi, testi aspri ricchi di spunti (“Settantuno”, “Andrà tutto bene”). Nessun ammiccamento, nessuna concessione all’uditorio, nessun patteggiamento: quarantadue minuti di martellate elargite con gusto ed incassate con altrettanto piacere, almeno dai cultori del lato oscuro della musica.
Dietro il moniker Mondo Bobo si cela il progetto di Paolo Benedetti, eclettico artista livornese di lungo corso, al debutto per (R)esisto con queste undici tracce feroci e profonde, realizzate in collaborazione con il batterista Dario Gentili ed il bassista Fabio Fantozzi. Disco complesso, spinoso come un roveto, non concede requie mentre continua imperterrito ad azzannare alla gola.
Spietato, frontale, dal taglio ostile e rigonfio di una rabbiosa negatività eletta a tratto dominante, richiama atmosfere che oscillano tra le molte propaggini off degli anni ’90: “Piedi in terra” e “Il drago è nudo” rimandano echi di Helmet e Unsane, il rigurgito tardo-grunge di “Nitrato d’argento” lambisce i Ritmo Tribale, le suggestioni art e post di “Mondo BoBo” planano da qualche parte tra A.F.A. e C.S.I., la digressione filosofica di “Uomo a una dimensione” è un connubio di esistenzialismo & feedback à la Santo Niente.
Cocciuto assalto a testa bassa, inanella riff pesanti e tempi dispari, terreno fertile per un canto ispido e ben poco conciliante (“Ma quali eroi?”, “Fuori controllo”), che sceglie di placarsi soltanto nell’oasi di riflessività introversa di “Kintsugi” e nella morbida ballata arpeggiata di “Sempre uno più di te”, commiato dimesso nella forma, ma spietato nel messaggio lapidario, lasciato a mezzaria, sinistro ed incombente: sembra un trompe-l’-oeil à la Alessandro Fiori, il senso delle cose in cinque minuti scarsi, visto attraverso gli occhi chiusi di un bambino addormentato, innocente e ignaro.
E dormi/dormi bimbo/sogna i cavalli e belle avventure/tieni lontane le tue paure/tienile strette/ma non allontanarle/che ti serviranno ad usarle/e dormi/si vive come si sogna/si vive soli/perfettamente soli.
Forse è una chiave di lettura, una via d’uscita appena suggerita, una fugace illusione, o la nuda realtà.
Forse è poco più di un sogno, ma anche il sogno è probabilmente sbagliato. (Manuel Maverna)