QUIET CONFUSION  "Magella"
   (2023 )

A chi, ormai, li dava per dispersi, ecco riapparire (dopo un lustro) la formazione scaligera dei Quiet Confusion, capitanata da Antonio Cortina (voce e guitar), il quale potenzia la delegazione in trio (e non più in duo) con l’aggiunta di Roberto Panarotto (basso) e Giovanni Franceschini (batteria) ed il confezionamento del nuovo album “Magella” ne registra un’evidente beneficio, in quanto le fitte distorsioni che si odono nell’opera toccano densità eccellenti, tra stoner, psych e hard-rock.

Complimenti alla Go Down Records per continuare a dar fiducia a questi ragazzi dalle idee chiare e coriacee, e le manifestano sin dall’opener “Long wave”, esibita con falde di blues-core renza remore, ma la loro principale abilità è spaziare con scioltezza anche nel southern-rock di “Plastic Man”, speziata in leggera psych, poi “Lady blue” riporta i valvolari a volumi importanti, con la guitar impaziente e graffiante, mentre “Wastin’ time” non è proprio un “perder tempo” poiché son 3 minuti di laccata energia che ci deliziano senza pentimento d’ozio d’ascolto, chiaro?

E, se non disdegnate incursioni settantine di tipo psycho-trip, accomodatevi per cinque minuti nelle sciabolate chitarristiche di “Sweet noise” e di “Droppers”, ed il sapore esecutivo vi riporterà in piena zona Woodstock, quando a salire sul palco toccava ad un certo Jimi Hendrix. Invece, lo stoner paranoico di “Behind the lines” scivola con piglio virile, simile a quello che ci regalarono i mantovani Super Elastic Bubble Plastic che (purtroppo) non furono mai valorizzati abbastanza.

Però, i Quiet Confusion aprono un altro capitolo interessante e speriamo che non passino altri cinque anni prima di riaverli nelle orecchie: ma credo che la loro fantasia stavolta li porterà ad accorciare sicuramente i tempi. Lo dico perché, per chiudere “Magella”, s’inventano il fusion-blues mantrico di “J.J.” senza porsi il problema che di solito, ai saluti, si tende a piazzare un brano che congedi con tocco memorabile: ed invece, eccoli lì a sfoggiare una simil jam-session, incuranti di rincorrere mode e stilismi ammiccanti, così si confermano invece impetuosamente personali e deflagranti. (Max Casali)