LARGE UNIT  "Clusterfuck"
   (2023 )

Ritorna Paal Nilssen-Love con il caotico free jazz della sua Large Unit! Questa volta, dopo l'eccesso dell'eccesso dell'Extra Large Unit, che aveva raggiunto i trenta elementi, l'organico è tornato a una quindicina di musicisti: sassofoni di più registri, clarinetti, tromba, trombone, tuba, arpa, chitarra elettrica, due contrabbassi, due batterie. Da notare, tra i contrabbassisti, il nome di Christian Meaas Svendsen, altro personaggio che si è fatto notare in accoppiate anarchiche come quella con il malese Goh Lee Kwang in una galleria d'arte a Kuala Lumpur, cimentandosi non in un dialogo col musicista, ma in due “monologhi” (http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=6010).

Lo spirito è sempre quello. Ma in “Clusterfuck”, appena uscito per PNL Records, quello che spicca è la completa coesione dell'organico: si muove come un unico “mostro”, un'entità compatta. Tutti i musicisti, pur nel caos, sembrano inseguirsi come pesci in simultanea, e si nota soprattutto nelle dinamiche. Durante le esplosioni, tutti suonano al massimo della propria forza, e durante le fasi morbide, tutti si abbassano. Nell'album, la performance è suddivisa in tre parti, e nella prima (la titletrack), di 23 minuti, c'è da sottolineare la progressiva diminuzione di intensità, fino a suonare pianissimo, e fino a... scomparire. A tre quarti della traccia, c'è silenzio totale, che genera una suspense incredibile. Cosa faranno, ripartiranno tutti fortissimo? O solo alcuni? A voi scoprire come (e se) ripartono.

In “Bubbles”, l'improvvisazione dirige verso una fase quasi drone, per la dilatazione dei suoni, mentre in “Moodplay” ci si alterna a lunghe fasi soliste, dove chi fa l'assolo viene... isolato dagli altri, più che accompagnato. Il finale si smorza, fino agli ultimi rantoli di trombone, senza climax. Sembra il simulacro di un animale vivente: dapprima in piena energia, poi in malattia, fino alla fine dei suoi giorni. Come sempre, l'anarchia come modello musicale autogestito, dà come esito lo sprigionamento di euforia, fino al naturale esaurimento. Free(dom) jazz! (Gilberto Ongaro)