NUJU  "Clessidra"
   (2023 )

“Tempo, comunque vadano le cose lui passa e se ne frega se qualcuno è in ritardo, puoi chiamarlo bastardo ma intanto è già andato…”, cosi cantava Jovanotti, e in quelle parole di “Non m’annoio” c’era tutta l’essenza del tempo che scorre inesorabilmente asfaltando tutti.

Ebbene, quel concetto del tempo lo riprende, per certi versi, la band calabrese dei Nuju col nuovo disco “Clessidra”, simbolo di un ticchettio sabbioso che scandisce ritmi e progressioni. Il combo affronta la tematica cercando di scovarne più declinazioni possibili, ma anche implicazioni e fruizioni che diamo, appunto, al tempo.

Gli 11 brani in carnet giungono circa 1500 giorni dopo “Storie vere di una nave fantasma”, e testimoniano come i Nuju, al sesto album, raggiungano una lodevole quadra progettuale, sfilando con stilemi sulla scia di Modena City Ramblers (ospiti speciali nella splendida “Gira”), Manu Chao, Capossela e pure qualcosa dei Clash.

E la titolata “Clessidra” fa fluire granelle di tempo, e sta a noi decidere quante volte vogliamo capovolgerle per continuare a credere nel nostro cammino esistenziale. Allora, pronti a far scorrere i 35 minuti dell’album, cominciando dal combat-folk di “Ferro e ruggine”, di “Di getto” o di “Titoli di coda”, in un turbinio di violini, esaltati a suo tempo dai grandi Wonder Stuff, mentre ti sbattono sul grugno il brioso ska di “La nostra sicurezza” senza guardare in faccia nessuno: loro vanno a manetta, senza intralci, sgasando anche in “Sopra l’equatore” che, insieme a “Sotto l’equatore”, apre il tema sull’enorme differenza di ritmi frenetici e placidi tra Nord e Sud d’Italia.

Ascoltare i Nuju, non è mai “Tempo perso” poiché tira aria di tex-mex in “Vecchio disco”, e suggerisco di farvi inondare dai suoi refoli gustosi. Non dite mai “Basta!”, in quanto vi perdereste un reggaettino “toda joia, toda beleza” (vero, Roy Paci?). Certo, il mondo “Gira” come una centrifuga, cambiando aspetti, paesaggi, persone, e fisa, violini, chitarre e flauto son lì a ribadirlo con arguzia e convinzione ideologica.

In coda, ci attende una classic-ballad come ”Radici e cicatrici” che richiama echi di Gabbani in chiave contemplativa. “Clessidra” è un’opera pulsante, fervente, declamatoria, “indiavolata” da talentuosi assetti sonori, che fanno dei Nuju un gran punto di riferimento del combat-folk nostrano. E se li paragoniamo al tempo, che dire? Non sono “secondi” a nessuno… (Max Casali)