BROSOLO  "Nubi"
   (2022 )

Pasolini pop? Ci proviamo, anche se il risultato è un delicato jazz d'autore. Marco Brosolo canta le parole del poeta-politico-intellettuale italiano per eccellenza, citatissimo da molti (spesso anche a sproposito), per darsi un tono. Brosolo invece compie una ricerca emotiva, scegliendo tra poesie, interviste, dialoghi dei film e lettere. Nasce così “Nubi”. Un album principalmente per piano e voce, con qualche sprazzo elettronico qua e là. Data la profondità delle parole di Pasolini, forse è inutile farne la parafrasi, basta riportarle. Se proprio trovo qualcosa di ermetico, provo umilmente ad aggiungere qualche “cioè, in pratica”.

Da “Mater castissima”: “È tutto crudo ardore, l'amare degli occhi. Il crudo amare degli occhi, mi sento sparire. Non ti bacio, non ti ammazzo, c'è soltanto il mio amore, non c'è un chi, io amo”. “Mi contenti” aggiunge un suono synth accanto al trio piano – contrabbasso – batteria, e troviamo quest'amara riflessione sul sabato: “Sono tutti fuori che ridono all'aria. Anche il mio cuore è di aria, è nei miei occhi la gente ride. Nei miei capelli, sabato e luce. Sono abituato alla luce del sabato, sono abituato al duolo del sabato. Giovane ormai mi accontento del sabato. Povero, mi accontento della gente. Vivo, mi accontento dell'aria”. Cioè, in pratica, questa cosa che viviamo il sabato come festoso fine settimana di un lavoro che non ci piace, per il poeta è una festa forzata. Potremmo vivere di più, invece ci accontentiamo, in questo sistema di vita imposto. Non so se sono fuori strada. Ecco perché preferisco riportare senza spiegare.

Anche perché non c'è nulla da spiegare, nel successivo “Lamento”. Brosolo ospita Pierpaolo Capovilla, che come potete immaginare, recita con la sua solita acidità; quindi, per lui sono riservate le parole più caustiche, tra cui titoli di film e libri: “Porcile. Orge (…) Una vita violenta, scritti corsari. La nuova gioventù. Comizi d'amore! Carne e cielo. Un paese di temporali e di primule. Petrolio! Atti impuri! (…) Empirismo eretico, accattone! Mamma, mamma Roma. Uccellacci e uccellini”. Per questo brano, si concede una chitarra elettrica.

“Wolken” passa al materiale in tedesco, mentre un dolce tema di pianoforte apre “Dedica”, per il testo più liquido: “Nirvana, dilaga dall'aldilà, non è acqua, ma fiele, che mi guarirà. Fontana, fontana di amore, di amare. Inferno dell'acqua, disperata vitalità, non è fiele, non c'è niente che ci salverà”. In “Torna” si parla di Casarsa della Delizia (chiamata da tutti solo “Casarsa”), la città d'infanzia di Pier Paolo, dove è sepolto; per l'occasione, compaiono espressioni in dialetto pordenonese. “Una cosa” unisce inglese e italiano, sempre su un tappeto di musica morbida, e “In preda al vento” avvia un riff di chitarra che rincorre le note vocali; le parole suggeriscono uno sviluppo interessante della musica: “Sono qui per risorgere ancora una volta, dalle ceneri che sono il resto di un rogo in cui si bruciano le idee”. Subito dopo queste parole, ecco dei solenni fiati.

“Del loro amore” chiude il disco, su musica sognante, e un tuono di tom e rullante senza cordiera, per le parole incentrate sulla visione sull'amore, e sull'ingenuità verso di esso da parte dei giovani (ecco, mi sono azzardato di nuovo a interpretare, non lo faccio più): “Un ragazzo ai suoi primi amori, altro non è che la fecondità del mondo. I semplici e i giovani sono forti, e non sanno ancora di non poter tollerare la libertà del loro amore. Sanno soltanto che è amore, che è amore”.

C'è una riverenza, a tratti eccessiva, nei confronti del poeta, comunque monumentale. Si canta e si suona piano, per rispetto smisurato verso Pasolini. Forse per il corregionale Brosolo è così, ha preferito restare minimale, per dare risalto alle parole, e dare il tempo a chi ascolta, di lasciarle sedimentare. Ma di sicuro PPP non era tipo da statue; il suo idealismo andava di pari passo con la sua acredine. Un po' di caos in più, o un po' di dissonanze, di “fastidio” musicale, potrebbero restituire maggiormente anche le contraddizioni, la problematicità di Pasolini, del suo essere uno dei pochi veramente contro, con tutta la sua scomoda sincerità. Ma in fondo, questo disco è un atto d'amore, e forse anche Brosolo non ne tollera la libertà anarchica: sa solo che è amore, che è amore. (Gilberto Ongaro)