SABU' ALAIMO "Star della provincia"
(2022 )
La provincia, intesa come stato d’animo che ne esalti la straordinaria normalità che accomuna la gente stessa, è una delle basilari intenzioni che muove il nuovo progetto “Star della provincia” del cantautore siciliano Sabu’ (Salvatore) Alaimo, e che dà sèguito a “Generazione digitale”, disco uscito cinque anni fa.
Traendo spunto dal vigore della bellezza di un’ipotetica marginalità, l’artista delinea colori ed umori di personaggi ordinari che caratterizzano ogni provincia nostrana e che, con la loro straordinaria normalità, rappresentano il cuore invisibile ma pulsante di una tradizione viscerale ed incrollabile.
Otto i brani in carnet, spalancati dal vento di una titletrack che soffia in direzione power-ballad, mentre il singolo “La giostra” gode già di una buona notorietà, poiché visibile nei monitor di molti aeroporti e metropolitane, conquistati con delicata narrazione pop, nella quale la vita è l’autentica protagonista di contrapposti imprescindibili ma necessari.
Con l’altro singolo “Cattiva strada” Sabù ripensa, forse, ai suoi errori per riportare in auge una tematica che fa riflettere non poco sull’importanza degli inciampi incrociati in bivi sbagliati, per capire che (proprio dagli stessi errori) s’impara molto per poi imboccare la strada giusta.
Interessante il folk-reggae di “Sconosciuti”, che altro non siamo che noi stessi, in continua voglia di comprendere e conoscere i nostri aspetti più profondi, per ricavarne risposte illuminanti. Si racconta la provincia con espressione autentica e storie comuni, come la bella barista dallo sguardo eloquente che anima “Caffetterie e call center”, e sempre pronta all’ascolto del cliente che ne intuisce il suo vissuto.
Il piglio descrittivo di Alaimo è sempre e comunque in risalto, anche quando sembra che il brano prenda un tratteggio quieto come “Il pazzo”: personaggio, questo, poco ben visto nella vita di paese ma che dimostra, talvolta, una ricchezza d’animo maggiore di tanti “normali”. Tanta stilosa acustica circonda la bellezza della love-ballad “Diciott’anni”, che non prevede uno scontato happy-ending ma, piuttosto, l’opportunità per sottolineare la “rottura” di quest’epoca decadente.
Con minimale struttura assemblativa, chiude l’opera la delicata “E’ Palermo che ti piace”, omaggio al pullulare dei sogni giovanili incastonati nel fascinoso humus dilettevole e foriero di speranze in divenire, parimenti a quelle di Sabù Alaimo, tendenti a riportare in vetrina il bel cantautorato di una volta, non per immolarsi a “Star della provincia” ma, semmai, esser testimone di tradizioni che restino nel tempo. (Max Casali)