SNOWY WHITE  "Driving on the 44"
   (2022 )

E che ci dobbiamo scrivere? Qui devo stare attento ad offendere, che cammino sulle uova, perché sono un millennial e questa musica, per partito preso, dovrei bollarla come “boomer rock”; ma forse è più gentile chiamarla “daddy rock”. Il rock di papà; ma sì, in fondo stiamo parlando di Snowy White, mica l'ultimo arrivato. Nel corso degli anni '70 ha elaborato una sua personale versione del blues rock, “all'inglese” diciamo, che però è un po' affine a quella dei Dire Straits: riff puliti, assoli assolutamente pentatonici e familiari, clima rilassato, spesso condito dall'onnipresente Hammond (sempre gradito a noi tastieristi).

Ed eccolo qua intatto, il suo stile, nel nuovo album “Driving on the 44”, un'immancabile autostrada, perché il blues rock si rifà alla vita on the road. Uscito per la Soulfood, è composto da brani che danno larghissimo spazio alla chitarra solista di White, e dai titoli possiamo intuire l'ambientazione: “Longtime Blues”, “Blues 22” (il classico 6/8 da whisky), o la titletrack, che appunto porta la mente a Knopfler. Nella coda di “Way down in the dark”, trainata dal campanaccio della batteria, si avverte l'eredità dei Pink Floyd di epoca watersiana (1977-1983); Snowy White infatti ha più volte suonato con loro, nel tour di “The wall”, nel lavoro solista di Rick Wright “Wet Dream”, ma anche a fianco di Roger Waters dal 1999 al 2014. Qualcosa insomma, se l'è preso, da quelle atmosfere così dilatate, e si sposano bene col suo blues, non psichedelico ma comunque evocativo.

Anche il cantato è blues: le frasi spesso sono cantate accelerando, con urgenza. Ma la protagonista indiscussa resta la sei corde, che incanala l'espressività di Snowy White, godibile nell'assolo finale di “Keep on flying”. La scivolosa (swing) “Slinky too” è basata su quel famosissimo giro armonico che non stanca mai, e l'album finisce con “Lady Luck (so mean to me)”, dedicata alla Signora Fortuna, che coi bluesmen è sempre meschina... altrimenti non farebbero blues! Ed il ritmo, dritto e incalzante, chiude un album di quelli che gli insegnanti di chitarra potrebbero indicare agli allievi, quando vogliono insegnare loro la vecchia scuola. Roots insomma, le radici sono quelle, e mi piace tornare ancora a casa, quando posso. Quando arrivo raffreddato e stanco, è bello riscaldarmi le ossa accanto al fuoco. (Gilberto Ongaro)