TOO TALL TO SING (VAN HEMMEN / DUMOULIN) "New dance moves"
(2022 )
Non hanno ancora finito di uscire, i lavori concepiti durante il lockdown. Stiamo davvero assistendo al manifestarsi di una testimonianza globale dell'umanità, tutta di un determinato periodo. E da questo trauma collettivo, ogni artista ne è uscito o confermando le proprie direzioni, o provando qualche temporanea deviazione, o stravolgendo completamente il senso delle proprie azioni.
Nel caso dei Too Tall To Sing, credo ci troviamo nel primo caso. Il progetto è formato da due musicisti che già di loro sperimentavano. Flin Van Hemmen da una parte, batterista olandese attivo nel jazz, che trasferendosi a New York ha esplorato attivamente le tecniche di field recordings. Dall'altra parte, a Parigi, Jozef Dumoulin era già esperto di anarchia sonora, distruggendo per poi ricreare, prestando attenzione ai fenomeni sonori ma lasciando spazio all'alea, al caso. Unendo queste due forze, in un periodo come quello del 2020, non poteva non uscire qualcosa di curioso ed avvolgente.
Uscito per la Shhpuma Records, “New Dance Moves” è un ping-pong di audio, ripetutamente passati tra Van Hemmen e Dumoulin, e ad ogni ritorno, i due artisti aggiungevano qualcosa, o modificavano pesantemente il materiale. Quello che ascoltiamo ne è il risultato: nove tracce da ascoltare in religioso silenzio, cercando (per chi ne è capace) di attivare l'occhio interiore. Sentiamo bordoni elettronici, voci di bambini nei parchi, suoni di organo (nel significativo titolo “You Cathedrals”), pianoforte, percussioni. Tutto accade, tutto scorre in maniera fluida, non come spartito di note, bensì come sequenza di eventi. Si mescolano rumori di mezzi di trasporto, uccellini, insomma contemplazione sonora dell'esistenza.
Magari adesso suona diversamente, ma chissà che effetto avrebbe dovuto fare, ascoltare in zona rossa “We're not much doing socializing”, che inizia con una conversazione amichevole, che porta anche alle risate, con sotto un pianoforte che si avvia tranquillo, ma ad un certo punto presenza dissonanze... poi di nuovo il fondale. L'ultima traccia, “Treinlandschelp”, è un lungo trip di 16 minuti, tra portoni cigolanti, risate da sit-com, drum beats che ricordano le migliori collane “Lo-fi for studies”, ronzii di insetti, urla di gente sulle montagne russe, e una molteplicità di stimoli sonori diversi che è inutile elencare qui. Il tutto commentato da un leggero synth di sfondo, che mantiene la dimensione meditativa di tutto ciò che circonda le nostre orecchie.
Non so per quanto ancora durerà quest'ondata musicale post-lockdown, sempre ammesso che sia finita. Ma siccome i segni dell'isolamento ce li abbiamo ancora addosso (per chi è sopravvissuto al virus del secolo), ecco, credo che di questo tipo di lavori, orientati alla contemplazione esistenziale, ne avremo ancora bisogno per un po'. Con o senza libertà di movimento. (Gilberto Ongaro)