AGAPE "Mind pollution"
(2022 )
Visto che per mandare in pensione nella sua dacia da 7mila metri quadri il bieco dittatore russo - se prima non lo faranno la Nato, gli ucraìni o i russi stessi - occorre ridurre i consumi energetici, domandiamoci se valga la pena consumare corrente - anche pochi millivolt mangiati dal telefonino - per ascoltare questo album. Risposta? Dai, positiva. Anticipo il voto: 6 comprensivo di buffetto di incoraggiamento.
Insomma, Firenze non produce solo il renzismo e i suoi derivati ma anche interessanti proposte musicali, fresche e coinvolgenti, che se non propriamente alternative o indipendenti (d'accordo, le note sono 7, e la palette delle eventuali influenze innumerevole) sono garanzia di un buon ascolto rinfrancante, di quelli che ti fanno zompare il piedino che manco te ne accorgi, con il valore aggiunto della promessa di ulteriori sapidi sviluppi e di densità di contenuti: c'è il racconto di un viaggio iniziatico, tra forze del bene e del male contrapposte, e sottotraccia si sottolinea la necessità di purificazione che un po' tutti avvertiamo.
Cosa va? C'è energia, c'è dinamismo, un gomitolo di fili che con sbarazzina leggerezza getta il cuore oltre l'ostacolo e porta anche lontano fino a B52's, Bangles, financo Talking Heads (ma quelli del periodo senza lo zampino di Brian Eno). Cosa non va in questo disco di esordio? Non cerchiamo il pelo nell'uovo, per carità, certo la voce pur simpatica potrebbe essere più ruvida e adeguata ai tempi grami di virus e di bombe, e gli arrangiamenti un po' più osé e sperimentali, ma stiamo parlando di intrattenimento e non di proteste punk, e poi mica tutti possono essere Manuel Agnelli e Morgan.
E poi la scelta del nome per la band toscana mi pare azzeccata. Questi toscani dichiarano trattarsi di un acronimo per unire i suoi componenti ma a me piace tornare a Àgape o agàpe (in greco antico: ἀγάπη, agápē, in latino: caritas) che significa amore disinteressato, immenso, smisurato. Viene utilizzato nella teologia cristiana per indicare l'amore di Dio nei confronti dell'umanità. E se Dio parla a umane e umani attraverso la musica, scusate se è poco.
Già che ci siamo, visto che magari la prossima volta mi toccherà scrivere dal bunker col piccione viaggiatore per spedire il pezzo al direttore, aggiungo qui in chiusa un po' di consigli di musica adatta ai tempi, musica purtroppo inascoltata che stigmatizza la guerra: il primo disco di Flavio Giurato del '78, "Per futili motivi", lo trovate su Youtube, i primi due dei Pop Group, idem, e l'ultimo dell'era Waters nei Floyd, "The final cut", che l'anno prossimo compie 40 anni... mannaggia. (Lorenzo Morandotti)