SVANZICA  "Anastasja"
   (2025 )

Ci sono dischi altamente significativi che urlano il desiderio di rinascita o, quantomeno, il sogno di far germogliare il frutto della speranza per un futuro più roseo, dimenticando la fase oscura che ci ha lasciato dentro il buio della pandemia.

Ed il significato che gli Svanzica attribuiscono al loro nuovo album “Anastasja” non è nient’altro che questo: una fiammella che arde dal gelo della terra, un fiumiciattolo che, tenacemente, non si arrende all’arsura del deserto, il vigore dell’esistere.

Con queste n(u)ove tracce, la band nostrana, attiva da oltre un ventennio , conferma gli interessanti intrecci sonori tra melodie e groove accattivanti, senza mai perdere di vista il tentativo di attualizzare la loro proposta alquanto efficace.

Esplorando, quindi, il tema della rinascita, in primis gli Svanzica ci han fornito due ottimi singoli come “Limegar” e “Ultramarina”, dall’identità melodic-grunge in odore d’internazionalità. Oggi, che ci consegnano gli altri sette brani previsti, godiamo nell’approcciare atti come “The black shirt”, “Elettra o “Stylites” perché, finalmente, questi ragazzi si scrollano di dosso il pericolo di uniformare le tracce in ascolti similari, come era capitano nel precedente album “Red reflections” del 2018.

E’ fin troppo evidente che, in sette anni di ponderazioni, gli Svanzica abbiano saputo ri-organizzare la formula con criterio ed attenzione, sebbene la cosa non fosse così scontata, poiché non tutte le band ci riescono. Quindi, diamo atto alla band che la tracklist risulti rinfrescata con brillanti soluzioni anche in modalità power-ballad.

Basta suonare “Fossores” e “Anastasis” ed il gioco è fatto: e la verità, per quanto detto, emerge in pienezza esecutiva. Infine, esprimendo la mia personale predilezione per un pezzo grintoso e vellutato come “Mother of the Skyscraper”, il terzo full-lenght degli Svanzica fuga ogni dubbio sulla loro varietà propositiva e non solo.

In aggiunta, ora il sound è molto più compatto e solare del solito, con l’inciampo spedito in esilio. Se poi, occorreranno loro altri sette anni per progettare il quarto lavoro, li aspetteremo volentieri ben sapendo che, al ritorno, non deluderanno le attese. Coltivo una speranza concreta: spero di non sbagliare. (Max Casali)