PEDRO MAKAY "Colores"
(2022 )
Questo disco è divertente, nel senso più lato possibile.
Appassiona, coinvolge, invita al riascolto compulsivo, invoglia perfino al movimento.
Distrae.
Ti porta a spasso usando trucchi e stratagemmi a cuor leggero con tutta la sincera naturalezza di questo mondo. E’ quasi naif nel suo modo disincantato di porsi, senza mai rischiare di incagliarsi nelle secche della sperimentazione, dall’astrazione, della cerebralità.
A dispensare serenità e svago in una bolla di gradita irrealtà è il musicista basco Pedro Makay, una vita spesa in giro tra Vecchio Continente e Americhe alla ricerca del suono perfetto e dell’ispirazione. Classe 1981, pianista da ragazzino, poi chitarrista di flamenco allievo di Luis Cortes, Pedro pubblica per la mestrina Caligola Records le otto tracce inedite di “Colores”, terzo album solista in carriera a lunga distanza dal precedente “Ojos negros”, datato 2010.
Tra Caraibi e Africa, tra un mambo e una bachata, con la collaborazione di numerosi strumentisti di prestigio (su tutti Miron Rafajlovic, rinomato trombettista jazz bosniaco), in trentadue minuti di verve sfavillante vanno in scena canzoni senza tempo nè frontiere, buone per tutte le stagioni e per qualsiasi state of mind.
“Colores” non è solo un brioso compendio di vivacità sudamericana: è un album meticcio inzuppato di Cuba e Mali, ma pure di echi mariachi e world-music, con una componente afro a tratti quasi predominante (“Volveré contigo quando me quieras”, con le voci di Oumou Bah e Abba Suso) ed un passo battente che mai rinuncia a ritmo o passionalità.
Traboccante di sentimento come si conviene all’anima latina che lo pervade, si destreggia sinuoso tra la delicatezza soave di “Vahine no te tiare” e la scherzosa “Tintoreo”, tra l’incalzante frenesia percussiva di una “Caravana” che ricorda Mdou Moctar ed il groove irresistibile di “Magdalena de Lavapiés”; in chiusura, la title-track regala nei suoi quattro minuti di solarità tutti i colori che promette, degno suggello ad un disco universale che sa di sud del mondo, di strade polverose, di festa. (Manuel Maverna)