DELLACASA MALDIVE "Sale rosa"
(2021 )
Ci risiamo. Gli anni Dieci a quanto pare non sono ancora finiti, e forse, visti questi primi due anni dei Venti, c'è anche da capirlo, che si stia provando un'immediata nostalgia per quegli anni felici appena finiti, tra precarietà diffusa, contratti co.co.co. e gli attentati terroristici in Europa. Ma anche lo spirito vintage, la nascita della vaporwave, le pubblicità con l'ukulele, e soprattutto la musica indie italiana che incontra il pop, direzione profetizzata ancora prima, dalla svolta elettronica di Bugo.
Ascoltando “Sale rosa”, secondo album di Dellacasa Maldive, si sente tutto questo. Ci sono due brani che rimandano chiaramente agli Offlaga Disco Pax, per via dello spoken word, tanto che Dellacasa Maldive si avvale della collaborazione di Max Collini, in “Sto perdendo me stesso”. Il racconto di questo pezzo è parecchio comprensibile da noi millennials, ci possiamo benissimo trovare: “Non lavoro spesso, sono uno stagionale (…) lei che lavora, produce, invece io sto perdendo me stesso. Mi sento perso, mi sento perso, anche se c'è il sole, sto perdendo me stesso”.
L'altro pezzo mezzo parlato è verso la fine dell'album, l'esilarante “Pedalini”, dove il nostro racconta l'indecisione verso lo strumento musicale da scegliere: “Volevo fare il dj, ci ho provato e riprovato (…) per un po' di tempo ho anche pensato di vender le chitarre per comprare il giradischi, ma poi probabilmente avrei venduto il giradischi per ricomprare le chitarre e i pedalini (…) volevo fare l'impiegato fisso, ci ho provato e riprovato, ho anche pagato l'affitto ogni inizio mese ma poi me ne sono andato (…) mi rimane il desiderio di farti ballare e cantare”.
Eccolo qua, il nostro cruccio: l'indecisione tra scegliere la vita sicura, nelle rare occasioni che si presenta, e buttarla via per inseguire i sogni, sgomitando tra gli altri che fanno lo stesso tentativo. Ci dicevano che potevamo diventare quello che vogliamo. E come stiamo? Questa (forse involontaria) rappresentazione della gen Y, ricorda quella più esplicita di Edoardo Cremonese; ma mentre quella era programmatica, e forse un po' costruita freddamente, questo raccontarsi suona più autentico.
E poi in realtà, tutta questa influenza esclusiva degli Offlaga non c'è: c'è di più. La musica mescola synth pop d'annata a un certo mood funk anni '70, soprattutto per il basso, quasi sempre carico di groove, come in “New awakening, new beginning”, dove fa i salti d'ottava su una base house leggera. Qui la voce ripete solo il titolo... e forse è meglio. Sì perché, a parte i racconti personali in prosa di prima, che sono efficaci e generazionali, quando Dellacasa cerca di mettere in versi la vita quotidiana, fa ancora un po' fatica a convincere. Non so se sia una scelta funzionale a descrivere la confusione mentale di uno che, appunto, “sta perdendo sé stesso”, o se semplicemente deve un po' focalizzare meglio i contenuti.
Sta di fatto, che a sentire nominare la Sorbona di Parigi in “Lune”, un po' di forti sensazioni universitarie e “d'Erasmus” vengono anche a chi non ha mai fatto quei leggendari viaggi (mi dicono che erano leggendari, era vero?). Dunque, gli elementi per suggestionare, Dellacasa Maldive ce li ha. Soprattutto noi trentenni. (Gilberto Ongaro)