HELLE "Disonore"
(2021 )
La produzione del disco di Helle “Disonore” è una di quelle del tutto al passo coi tempi, quella musica electro pop ingegnerizzata, tanto in voga oggi. Gli arrangiamenti sembrano fatti per Madame, con la differenza che Helle canta senza autotune.
E con l’eccezione di un brano su chitarra acustica e forse arpa o mandolino (“Selvaggio”), il resto è abbastanza omogeneo in questo stile, con suoni a volte anche distesi come su “Chimere”, affiancati però dal piattino hi-hat rapidissimo, quello tipico della trap. A volte ci sono anche i super bassi e i sospiri da Billie Eilish, come in “Rispetto”. E infine in “Carovane” c’è anche una strizzatina d’occhio al dream pop.
Ciò che spicca però sono i testi, che partono da un punto di vista femminile e sono anche spesso rivolti alle donne. Come il finale “2,107”, che contiene una raccomandazione materna: “Stai attenta giovane ragazza, che per la spesa o seduta in piazza c'è chi ti guarda”.
Qui si affrontano implicitamente molti temi, dallo sguardo di questa Gaia, che “è indecisa se tacere e vivere o se morire e parlare”. Sarà un caso, ma Gaia è anche il nome attribuito alla Terra. Colpisce il ritornello: “Siamo immagini di un film senza tempo, un susseguirsi continuo di intenti, un'utopia venduta a niente che il nostro mondo smercia da sempre”.
L’album si apre con la titletrack, che affronta il distacco generazionale, che, dopo decenni di uniformità tra genitori e figli (gen X e Y sono parecchio affini tra loro), torna finalmente ad essere attuale: “Avevamo aspettative su di te, vergognati (…) Scusami se non sono stata la ragazza che volevi tu”. E si rivolge alle altre ragazze ingabbiate: “Tu vivi recitando un ruolo che la gente ti chiede di avere (…) ma la vita ci ridicolizza, siamo uno scherzo di cattivo gusto (…) io non sarò un ingranaggio nel tuo sistema utilitario”.
Questo ribellarsi al giudizio morale è presente anche in “Tu mi volevi bene”: “Sono il tuo demone, mi porti dentro, e se volerti è stato un disonore, alla ghigliottina tagliatemi la testa, ma fatelo lasciandomi tenere una mano sul cuore”. E quando si rivolge a un ragazzo che si fa chiamare “Tom” (“ma non è vero”), sembra volergli rivelare cose che gli altri non gli dicono: “Te lo dico io, così nessuno di quelli che chiami amici finisce nei guai (…) Voli in mezzo alla folla e dai un senso alla noia, in mezzo a tutti c'è chi suda e chi ti prende per troia”.
Concetto ribadito amaramente in “Barbie”, riferendosi alla sovraesposizione di corpi nei social network: “Se vuoi sopravvivere ti devi vendere, è la regola della società, la vita è un'asta su Instagram”. Ma Helle ammonisce: “L'apparenza abbaglia, ti pietrifica, t'inganna”.
“Selvaggio” invece indugia in un erotismo roccioso: “La mano scivola sulle frane del corpo, si addentra e si perde tra gli alberi del bosco, lei afferra il piacere nel ventre, il germoglio delle terre mie inospitali”.
“Figlia delle nubi” è un racconto dalle immagini evocative e che portano dubbi di fede: “Mi hanno trovata nelle eco di un pozzo, piangevo da squarciarmi la gola con la camicia addosso, avevo un temporale freddo come mare negli occhi, questa è figlia delle nubi, rimettiamola a posto (…) Sono la figlia delle nubi, e non ho origine da niente, nel petto c’ho un cielo disunito che porta solo pianto (…) un controsenso cosmico, o un’incoerenza senza fine, aver fede in te”.
“Chimere” affronta le ombre della personalità, il lato oscuro che ci fa paura ma che ci appartiene: “Ho creduto che tra me e le mie chimere ci fosse un sangue connettore (…) ed io che credevo di avere dei segreti, ma a quanto pare sono un libro aperto (…) mi hanno scoperchiata senza pietà, il mio corpo di serpente”.
C’è una parola forse troppo ricorrente in quest’album, “società”, che dal punto di vista estetico, a lungo andare rischia di banalizzare le riflessioni sulla collettività. Ma le riflessioni ci sono, forti e pertinenti con la nostra attualità, e sono un necessario nutrimento da indirizzare alle menti più giovani, veicolate da sonorità chiaramente dirette a loro. Rivoluzione Helle! (Gilberto Ongaro)