TROPE ASHES "Push the frozen soul"
(2021 )
Sospeso tra suggestioni avant e pulsioni che flirtano scopertamente con tracce di IDM non sempre accomodante, i sei episodi di “Push the frozen soul” segnano il ritorno su etichetta Baumusik del duo tedesco Trope Ashes a un anno dal mini “Grace accidentally”, a due dal magistrale “Fortunella”, a quattro dall’esordio di “Beautiful chaos cool love”.
Sophia Burtscher e Trace Mueller iniettano massicce dosi di post-art-rock sperimentale e discretamente contorto in composizioni che strizzano l’occhio al dancefloor (“Rockstar”, in radiofonico mood chill-out) mentre vagano in un magma sonoro abile a spiazzare confondendo.
Lievi disarmonie, inserti disturbanti, un connubio fra musica contemporanea e deraglianti interferenze glitch attraversato dalla vocalità ammaliante di Sophia e dal timbro profondo ed insinuante di Trace scuotono l’opener “All is yours”, che in poco più di tre minuti si inerpica cangiante in territori vicini al David Sylvian di “Brilliant Trees”; le loro sono visioni che a tratti lambiscono la sonorizzazione di incubi (“Scream”), oscillazioni in un continuum che spazia tra forme riconoscibili ed una più marcata inclinazione a stravolgere strutture e partiture conferendo all’insieme un’inquietante aura ipnotica, tra vestigia di These New Puritans ed echi di Bjork (il marasma ubriacante di “Being haunted”).
Dalle dilatazioni psicotiche di “Wooahh” al gran finale di una “Sabada” straziata dagli archi e contaminata da un uso della dissonanza che sarebbe piaciuto ad Arnold Schönberg, ad andare in scena è una pièce conturbante e fortemente evocativa, musica sfaccettata continuamente screziata da asperità inattese, decostruita ad arte, mirabile compendio di complessa creatività. (Manuel Maverna)