XORDOX  "Omniverse"
   (2021 )

Dietro il nome Xordox si cela il compositore australiano Jim Thirwell, e dico subito che non è assolutamente un novellino entrato improvvisamente nel mondo della musica magari grazie a qualche talent. Un curriculum, il suo, ricco di generi, nomi e progetti, come per esempio Foetus, un progetto attorno al quale Thirvell si è spesso confrontato con molteplici stili musicali, dal rock all’industrial, alla musica sinfonica.

In sostanza, con Xordox succede la stessa cosa: concretizza un progetto sonico che ha come principale caratteristica il recupero per niente nostalgico di suoni vintage di campionatori e sintetizzatori in uso prima dell’avvento del computer, inteso come “il cervello” che di fatto gestisce la nostra vita oggi. Non sarà difficile quindi, per chi non è più giovanissimo, approdare con la mente nuovamente in mondi cosmici già visitati da gente come Kraftwerk, Jean-Michel Jarre e Rockets.

Non solo: anche le nuove generazioni saranno in grado di decifrare l’emozionalità che questi suoni sanno ancora trasmettere, assemblati con maestria da Thirwell perché potessero diventare potenziali colonne sonore legate ad immagini surreali, robotiche, metafisiche. È indubbiamente un godimento essere rapiti da questa tempesta sonora, dopo che si è sprigionata una palpabile energia di oscillatori che han fatto la fortuna dei Kraftwerk, i pionieri di Düsseldorf.

Ancora una volta la mente fluttua fino ad individuare quel passaggio che porta verso un sovrapporsi di immagini filmiche. Potrebbero persino diventare colonne sonore affini al genio di uno come John Carpenter. Le ritmiche fredde ed ossessive sapor silicio, sono perfette per una musica suonata e non controllata o, peggio, costruita da computer, che, ripeto, sembra volutamente lasciato fuori.

‘Omniverse’, uscito per Editions Mego, è il disco dove si assapora il ritorno al ‘The Man Machine’ kraftwerkiano, dove la mente artificiale, una volta tanto, è relegata a strumento e non a “responsabile occulta” dell’opera. Ho vissuto questa esperienza d’ascolto come se persistesse una profetica denuncia pasoliniana, che mette in guardia da un’evidente tendenza dell’uomo alla dipendenza dalle macchine, grazie ad una atavica predisposizione al relax intellettuale.

In breve, ‘Omniverse’ può essere considerato un ottimo album grazie ad una prova magistrale di abilità compositiva ed esecutiva incredibilmente efficaci. (Mauro Furlan)