CLAUDIO BAGNATO  "Nowhere"
   (2021 )

E’ da molto che ascolto l’ultima pubblicazione di Claudio Bagnato, “Nowhere”.

Il motivo sostanziale per cui non sono riuscito ad esprimere un parere in tempi brevi è certamente la scarsa organicità di quello che, però, trovo al contempo un prodotto artistico di spessore.

''Nowhere'' è un disco in cui perdo costantemente il filo conduttore, grazie o a causa di un continuo rimescolamento di generi. Lui è italiano, canta in inglese e in un episodio anche in francese.

Nel mio caso, quando ascolto un’opera, lo faccio anche a seconda del mood, del mio stato profondo e il persistente cambio di registro, devo ammetterlo, mi disturba un poco.

E’ un progetto che mescola cinematografia, un certo brit-pop d’antan e virate folk. A volte siamo sul set di una puntata desertica del serial “The Walking Dead”, altre volte sento gli echi dei Supergrass di fine ’90, altre ancora pare di correre in auto mentre fuori dal finestrino scivolano gli anni ’80; “Ghost Song #1” mi piace molto, mi fa venir voglia di andarmi a cercare “Sister” di Lenny Kravitz.

Insomma, l’impressione generale è quella di essere di fronte più a una raccolta, alla somma di molte idee differenti e spunti che hanno attraversato gli anni, invece che a un album nato in un periodo specifico.

Voglio sottolineare la voce di Claudio, caratteristica, personale, non molto potente, sottile, intonata, dai contorni metallici e a volte trattata con molto riverbero, col risultato di perdere in naturalezza.

Ci sono diverse canzoni interessanti in ''Nowhere'', ma finisco col convincermi che le più indovinate sono quelle dove prevale l’impianto acustico, come la già citata “Ghost Song #1” o la conclusiva “No Way Out”, assai in linea con una giornata di pioggia e quella malinconia che accompagna la sensazione di riparo che dà il guardare le gocce di là dal vetro, in un ambiente domestico, silenzioso. Da qualche parte fuma una tisana assieme a ricordi di Hope Sandoval, e in episodi come questo Bagnato riesce a raggiungere quell’ispirato equilibrio necessario a innescare il viaggio mentale utile a godere pienamente della sua musica, quando la voce esprime in modo comodo il suo range, senza eccessi o teatralità, assieme agli arrangiamenti essenziali e alla melodia indovinata e delicata.

Di “Nowhere” mi piacciono molto alcune canzoni, la tensione artistica. Mi avrebbe conquistato una maggior coesione tra le tracce, per riuscire ad ascoltarlo d’un fiato, perso in qualche sottile dispiacere. (Alessio Montagna)