TEO HO & LOUIS ARMATO "Collaborazione ingiustificata"
(2021 )
Due musicisti cresciuti con aspirazioni e ispirazioni musicali differenti, che per qualche strano caso del destino che non ci è dato conoscere, si incontrano lungo il loro percorso artistico e decidono di dare vita, come dice il titolo in calce all’opera frutto del loro connubio, a una collaborazione ingiustificata.
Teo Ho è un cantautore reduce dalla sua seconda uscita, “Il campo del vasaio", alla ricerca di nuove soluzioni musicali, mentre Louis Armato è un punk rocker con passato nella band dei Carillon che ha bisogno di nuovi stimoli e nuove parole.
I risultati della “collaborazione ingiustificata” sono otto tracce, otto acquarelli con arrangiamenti mai troppo invadenti e testi sfuggenti che somigliano ai quei sogni che non si fanno mai afferrare completamente.
Sono canzoni che sanno rianimare quella verve che fu protagonista negli anni d’oro del cantautorato italiano dove si mirava sempre in alto senza preoccuparsi troppo se l’ascoltatore fossi disposto a prendere il volo anche senza cogliere a pieno la totalità del viaggio interiore dell’autore.
Gli arrangiamenti sono molto vari e curati, si passa dagli ispirati arpeggi nudi a sostenere la voce di Teo, a passaggi molto Neil Younghiani colorati dall’armonica a bocca, alle sezioni con band al completo, grazie al supporto del batterista e percussionista Matteo Dainese, aka Il Cane, che ha curato anche la registrazione.
Si parte con la malinconica “In Sogno”: su un arpeggio amaro e meditabondo i versi di Teo ci guidano in un universo sotterraneo desolato tra “accendini persi, tappi di pennarelli rosicchiati e la faccia di qui sotto non ha più paura”.
Dylaniana nel riff e nella metrica, “Per grazia parzialmente ricevuta” ci catapulta in un mondo di vergogne, di paure per chi sorrideva quando è morto Cucchi, di uomini pieni di gatti e altri che cantano il blues.
Ha un sapore esotico e aperture quasi prog ”Colazione ad Accra”, che ci fa sentire il calore del sole riflesso sui letti colore di rame e il rumore di onde “elettroniche” del mare africano.
“Il medico dei matti” è il brano più diretto, che disegna, in una cornice De Gregoriana, un ritratto di normale incomunicabilità di coppia tra piani quinquennali dentro al letto e il “tuo odore di Siberia”, con un misterioso batterista che entra a complicare le cose.
Da qui in poi il disco prende un tono più cupo e impegnato.
Così, mentre il sole gratta sulla fusoliera per entrare sul volo “Da Santiago ad Aviano”, ”La Pendola rotta” assume il tono amaro di una canzone di denuncia raccontando di stragi e di ”siringhe di buio rovesciate nell’occhio destro”, mentre “Colloquio in via Mancinelli” mette insieme un commovente collage di contraddizioni della vecchia e nuova Milano. Nel finale si sente anche l’eco di Claudio Lolli in “Gnomi e soldati”, che sembra evocare scenari di ordinaria repressione con un Dio che chiude la porta e si mette a dormire.
Un disco strano e fuori dal tempo, a tratti spiazzante e un po’ ermetico, colto, tuttavia per certi versi ingenuo.
Un’opera spontanea, probabilmente messa insieme senza pensarci troppo ma con tanti sprazzi di poesia che quando arrivano lasciano il segno.
Una proficua collaborazione ingiustificata. (Lorenzo Montefreddo)