ONE ARM  "Mysore pak"
   (2021 )

Per realizzare l’album “Up”, Peter Gabriel impiegò dieci anni. Gli One Arm l’hanno doppiato, mettendocene venti per portare alla luce “Mysore Pak”, album appena uscito per Atypeek Muzik. Chissà quanti ostacoli ha incontrato la band francese, per metterci così tanto tempo, per questo disco di tutt’altro genere rispetto all’artista inglese. Siamo di fronte ad un no wave industrial, con molti elementi noise rock. Se ascoltando “Real”, la traccia iniziale, sembra che il basso sia particolarmente perforante, è perché i bassi sono due, così come due sono le batterie, acustica ed elettronica. “ESG” mantiene i bassi in prima linea nel sound, con la voce femminile che ricorda l’atteggiamento vocale di Safron, la cantante dei Republica. Invece sospira in “Space is the place”, su un ritmo andante con arpeggi alienanti di chitarra. Sul pezzo che porta il nome della band, la voce si fa sinuosa su un’atmosfera tesa. “Fiddle” è un trascinante 6/8, e si nota che qui e in molti altri pezzi, ci si basa su un unico impianto tonale: una nota, un accordo, creando staticità. La chitarra si prende il palco in “City”, mentre la voce resta nascosta tra gli strumenti, mentre inizia ad urlare violentemente in “Bo”, sotto musica allarmante contrastata da samples di campanelle televisive, che di per sé sarebbe rassicurante, dunque completamente fuori contesto. Molto efficace nell’essere straniante. Stesso discorso per l’utilizzo di samples in “Change”, dove la musica è affiancata da una litania sciamanica, forse presa da un vecchio film, mentre il noise rock viene disturbato da improbabili xilofoni. “Hitch-raping”, già dal titolo presume qualcosa di poco tranquillizzante, e ho timore a comprenderne il testo. Si fa uso estremo del delay, con voce che urla, forse di rabbia, forse di paura. Il timbro di chitarra e bassi si fanno scurissimi con “Top tone”. “Step 3” massaggia le orecchie con i bassi pulsanti col tremolo, per poi partire con un ritmo col rullante da trip hop, e campionamenti di voci maschili ma soprattutto infantili, e queste ultime parecchio invadenti. Ed infine “Virgule” suggella la monotonia programmatica, con questa staticità tonale condita da vari samples. Descrivere gli ingredienti qui è poca cosa; è il tentare di spiegare come sono stati messi, che è difficile, ma è quello che rende particolare questo disco oscuro ma pieno di creatività. (Gilberto Ongaro)