COCTEAU TWINS  "Treasure"
   (1984 )

“Treasure” è riconosciuto come uno dei dischi basilari della New Wave. Il Dream Pop è il suo campo d’azione, che però viene spesso sconfinato, a favore di una musica totale. Le influenze dark e gotiche sono evidenti, la straordinaria ricchezza musicale è perfettamente equilibrata tra momenti eterei ed altri più deliziosamente “umani”. Non c’è nessuna velleità enciclopedica; tutto ciò che esce dal disco è pura emozione trasposta in musica. Niente è veramente premeditato, piuttosto i suoni scaturiscono dall’essenza dei brani stessi e da ciò che si vuole esprimere. Si parte con l’intensa “Ivo”, uno dei brani più incisivi del disco. Elizabeth Fraser ci delizia col suo canto slanciato e ipnotico, ma ciò che ammalia è l’onda sonora che ci avvolge. La chitarra acustica è infatti ben presto affiancata da una vera e propria marea di suoni. I campanelli, le eco, la chitarra distorta in lontananza. Si ha quindi un suono pieno, esuberante e lussureggiante. Tutta questa ricchezza si adagia poi su composizioni pressoché perfette. Fin dall’inizio risulta chiaro che questo album è qualcosa di unico ed irripetibile. Fin dal primo ascolto siamo rapiti dalla potenza scintillante di “Treasure”, una magia che difficilmente è stata eguagliata nella storia. “Lorelei” accentua questa magia ammaliatrice. Un’alchimia gotica si consuma nell’aria. Il canto dolcissimo, le tastiere avvolgenti ed una ritmica originale scolpiscono un poema sonoro. Al terzo brano siamo già abbastanza appagati da non chiedere nient’altro. Ed invece arriva “Beatrix”, un salmo notturno. Allo stupore generale per la bellezza dei brani, si aggiunge il merito non marginale di saper variare sul tema. Infatti, pur attraversando meandri ombrosi, la magia trasognata rimane intatta anche nel terzo brano. Abbiamo una commistione di dark music e dream pop. Ora tocca a “Persephone”; un ululato straniante si inerpica sui suoni spigolosi, si sentono eco nordiche, richiami gotici, il tutto in una sorta di rivisitazione della prima new wave. Dopo quattro canzoni la varietà e la bellezza sono tali da potersi benissimo fermare e ricominciare da capo. Questo la dice lunga sul valore di “Treasure”. “Pandora” è uno dei momenti più evocativi; una ballata dall’andamento ondeggiante, un estasi pura. Il dream pop che ci entra nelle vene e stravolge l’animo. L’esecuzione è perfetta, non c’è una nota fuori posto. E che dire del canto? Non ci sono parole per descrivere le infinite emozioni che provoca. “Amelia” prosegue, con eccellenza, su questa strada. Questa volta con una melodia più slanciata e con un pathos maggiore, accentuato anche dal ritmo fremente. “Aloysius “ è un canto degli elfi, trasposto in una landa ghiacciata. Canzoni come queste sono difficili da trovare altrove. La grandezza dei Cocteau Twins è notevole, ma in questo disco c’è qualcosa di più della tecnica o delle capacità individuali. C’è un anima nascosta che si muove tra le 10 canzoni che compongono l’album. L’opera d’arte supera l’artista insomma. L’atmosfera cambia notevolmente con “Cicely”, trovandoci in un vorticoso viaggio psichedelico. Ci sono momenti di un’intensità incredibile. Il synth e il dark si fondono e ne esce qualcosa di diverso. “Otterley” è invece un viaggio nelle profondità dell’oceano. Colori plumbei dipingono il cielo. Appare quindi palese come i Cocteau Twins padroneggino più e più stili. “Treasure” né è la prova, vertice assoluto del Dream Pop, ma anche capace di portare con se numerosissimi spunti creativi. Il canto religioso di “Donimo”, unito alle atmosfere vespertine, ne è la prova. Si trascende la semplice new wave. Abbiamo tra le mani una fiala magica. Perfezione formale, contenuti strabordanti ed un clima irripetibile fanno di “Treasure” uno dei dischi più importanti della storia del rock ed anche uno dei più gradevoli; anche per l’ascoltatore occasionale, queste canzoni sono polvere di stelle. (Fabio Busi)