DAVIDE TOSCHES "Sulla terra"
(2020 )
Scrivere una recensione su un lavoro di Davide Tosches non è facile per due ordini di ragioni. In primis perché è un caro amico che seguo dall’esordio discografico con “Dove L’Erba E’ Alta” del 2009: questo potrebbe trarre in inganno il lettore di Music Map e infondere la convinzione che con gli “amici” si è più magnanimi nelle valutazioni mettendo in dubbio la veridicità della recensione come pure la bontà del lavoro dell’artista. Una seconda difficoltà nasce dalla complessità della produzione di Davide Tosches, in quanto ogni suo lavoro è una fonte inesauribile di emozioni e di spunti di riflessione. Il nostro artista di Cavagnolo (To) sfugge al concetto di cantautore come inteso dai “voraci consumatori” di star che scrivono e cantano i loro testi, così come non è definibile con le classiche etichette che vedono un artista essere “Rock”, “Metal”, “Folk” ecc ecc. Davide Tosches è semplicemente Davide Tosches, autore dei testi e delle musiche, polistrumentista (voce, basso, chitarra, synt, piano e batteria) nonché produttore dei suoi lavori cui cura con precisione e dedizione maniacale anche la fotografia e la grafica. “Sulla Terra” è la sua quarta fatica e, come nei dischi precedenti, Davide Tosches mette a nudo una parte di sé, delle sue emozioni e dei suoi valori fondamentali, attraverso undici tracce che parlano della sua terra, dei suoi boschi, di sua figlia, della sua compagna e dei sentimenti. Lo fa senza sviolinate e senza giri di parole ma con la ricercatezza testuale e la cura degli arrangiamenti, senza tanti fronzoli ma con tanta poesia. Un piano e suoni del bosco fanno da intro all’opening track “Nel Nero Di Notte” in cui il canto vibrante si alterna ad una sezione ritmica a tratti nevrotica. Brano il cui impatto emotivo è valorizzato dai cori conducono al finale per lasciare il posto alla title-track. “Sulla Terra” dove si ha “solo un posto nell’eterno amore”; il pathos è crescente grazie agli arrangiamenti che supportano il canto corale. Vivere lontano dalla città significa avere la fortuna di poter essere più a contatto con la natura e riuscire a scorgere “La Luna Tra I Rami”. Le parole chiave sono la notte, la terra, la vita, l’aria, alberi, fiumi e montagne in un ritmico ripetersi ciclico come le stagioni, mentre sul finale irrompe il violino che accarezza le orecchie dell’ascoltatore e lascia il posto a “Diana”. E’ quanto di più bello un padre possa donare alla propria figlia, segno indelebile del proprio amore attraverso i versi e la musica. Le note di una chitarra acustica accompagnano la voce che dice “chiedimi ancora tutto quello che non sai, sarò padre nel risponderti”. L’amore di un padre che vede la propria figlia crescere, diventare donna e seguire la propria strada fino a vedere “una stanza vuota nella mia casa”. La tenerezza del brano è esaltata dal violino e dal sax digitale accompagnati da un arrangiamento ben orchestrato. La dolcezza lascia il posto alla malinconia della “Pioggia” che cade senza il rispetto del susseguirsi delle stagioni, della notte e del giorno. Dall’amore verso la propria figlia all’amore verso la propria compagna, e quando questo sentimento è così intenso da non riuscire ad esprimersi con le parole si chiede aiuto alle “Stelle Nascoste”. Con “Le Notti Scure” ci si abbandona senza inibizioni al miracolo dell’abbraccio della compagna e della figlia in un liberatorio “Ora guardami, baciami, non posso fare a meno di te… ora guardami, stringimi, non posso fare a meno di te”. “La Ragazza Che Piange” è un brano in cui momenti di stasi si alternano a guizzi densi di pathos accompagnati da atmosfere rarefatte, mentre “Vent’Anni” lascia il posto alla nostalgia verso un’età spensierata in cui le amicizie si costruiscono solide e “Dio dipingeva nuvole in cielo, cercando il suo capolavoro”: è quell’età in cui “nessuno sbaglia” e “nessuno cade”. “La Terra Emersa”, nei suoi oltre sei minuti, è il riemergere di una terra e di una vita da un mare dove tutto è male. La ritmica è costante, come le onde di un mare in cui è nascosta una vita in cui nulla è normale. Il disco si chiude con “Pioggia (Abbazia)” in cui l’armonium accompagna un canto e i cori come un inno religioso. Come i lavori precedenti, “Sulla Terra” è un disco intimo e intimista in cui emerge la cura per i testi e gli arrangiamenti. Un disco dal forte impatto emotivo che non delude le aspettative di chi conosce lo stile di Davide Tosches, fortemente legato ai propri luoghi e ai propri affetti. Undici tracce in cui emergono veramente le cose su cui poter contare e con cui accettare di affrontare la propria vita. Questa è la peculiarità di ogni suo lavoro: scappare dal già sentito per trovare una propria originalità; uscire da una facile e comoda catalogazione di genere per sentirsi unico e irripetibile, come un suono tra i boschi, come una brezza leggera che accarezza i rami o i corsi d’acqua, come un tenero abbraccio dato dalle persone che si amano. (Angelo Torre)