ALESSANDRO BERTOZZI  "Trait d'union"
   (2020 )

Il lavoro di Bertozzi è un lavoraccio, non in senso negativo. Ha l'ambizione di unire jazz, funky e blues spruzzandoli di ritmi e colori africani. Se non ci fossero le parole e la voce di Pap Ye Ri Samb, lo definirei un buon album di jazz contaminato. Bellissimo e accattivante è l'intro della quarta traccia, ''Suuf'', il titolo dovrebbe significare "Terra" in wolof. Le frasi, appunto, nella lingua comune di Senegal, Gambia e Mauritania, sono sparse, quasi lasciate e lanciate al caso in ogni brano. Forse, questo è il dettaglio piu' interessante dell'intero lavoro di questo sassofonista. La tribalità percussiva arriva finalmente con ''Reguit Pad'', il brano n.5, la composizione piu' trascinante. Da batterista, non posso che sottolineare la presenza di un grande musicista dietro i tamburi di questo album: Maxx Furian. Il trattino impresso da una traccia all'altra è quasi impercettibile, se non probabilmente per gli intro simili, ma non uguali. Poi arriva ''Tuuba'', traccia n.6, e spazza completamente le mie supposizioni. Al minuto 1:50 di questo brano giunge un innesto preciso tra sassofono e basso, il quale prende ritmo dall'incalzante tappeto percussivo srotolato egregiamente da Ernesto Da Silva. Per circa 20 secondi un refrain simpatico e ripetitivo accompagna l'ascoltatore nel centro della canzone. Tuttavia, è la tracca n.7, ''Jambar'', che ci lascia piacevolmente comprendere come il lavoro sia scaturito dalla mente di un sassofonista. (Matteo Preabianca)