GIANNI LENOCI TRIO  "Wild geese"
   (2020 )

Il compianto Gianni Lenoci, venuto a mancare solo un anno fa, splende insieme al suo trio, qui composto da Pasquale Gadaleta al contrabbasso e Ra Kalam Bob Moses, già con Pat Metheny, alla batteria, in Wild Geese, un’opera ariosa, leggera, sintesi di armonia e melodia che regala momenti splendidi dall’inizio alla fine.

Indeterminatezza, visione, sogno, viaggio. Tutto questo – e molto altro – è Wild Geese, magistrale lavoro che rinnova e applica al pianoforte le teorie di Ornette Coleman e cerca di indagare la ragione intima delle cose esplorando la natura, il cosmo e l’interiorità dell’essere umano. Tutto pare sia predeterminato, rigidamente fissato in regole insondabili, eterne, costrizioni dalle quali nessuno riesce a districarsi. Ma in queste note, che sono come respiri regolari per quanto incerti e impauriti, sembra palesarsi un clinamen, quella deviazione epicurea, democritea e poi lucreziana che permette l’esistenza del libero arbitrio, delle infinità possibilità di agire e creare grazie agli innumerevoli incastri degli atomi.

In tutto questo il pianoforte di Gianni Lenoci splende in maniera imponente e spettrale, monito di ciò che ci ha insegnato e ci lascia in eredità, in questa sua ultima registrazione. Il contrabbasso di Pasquale Cadaleta è solido, avvolgente, le lancette di un orologio che proclamano senza pietà il trascorrere del tempo, come nella travolgente “Job Mob” e nella seducente “Moor”. Soffice e vellutata, la batteria di Bob Moses è beffarda e abbacinante e si ritaglia spazi particolarmente incisivi, come nella atmosferica apertura affidata a “And Now, The Queen” e nella indecifrabile “Latin Genetics”, ma sa dimostrarsi anche inquieta e sinistra, come nella paludosa “Olhos de Gato”.

Siamo di fronte a un grande disco, testamento spirituale di un Maestro che guarda ai Maestri, di un italiano che guarda al mondo e forse ancora di più all’universo, e prova a modulare i suoi passi con quelli eterni e insondabili della materia esistente. Irrompono momenti filosofici (“Vashkar”), turbolente dichiarazioni di poetica (“Beauty Is a Rare Thing”), ferite che sembrano non rimarginarsi mai (“Sleep Talking”, tenebrosa e sperimentale). Ci si affida a “Ida Lupino” per la chiusura, involontario memento mori diretto a ciascuno di noi e che rappresenta, al tempo stesso e certamente non per caso, anche un inno alla genialità del Maestro, così limpida e versatile, così evidente e straziante. Registrato interamente a Monopoli, Wild Geese è un’opera complicata e ambiziosa. Il destino ha voluto che fosse proprio questa l’ultima registrazione del Maestro; tutti i segni sembrano dirci che era inevitabile fosse proprio questa. (Samuele Conficoni)