LUCID DREAM "The great dance of the spirit"
(2020 )
Provo una certa stima per le bands che apportano nuovi “step” evolutivi nella loro musica, osando qualcosina in più e con la consapevolezza di non adagiarsi mai sugli allori. Già con il precedente “Otherwordly” il quartetto ligure dei Lucid Dream aveva evidenziato aspetti ideativi di sicuro interesse, ed il rischio poteva derivare dalla tentazione di dare opulenza ai toni proposti. Ed invece, dopo quattro anni, ecco che il combo capitanato dal chitarrista Simone Terigi con il nuovo “The great dance of the spirit” esplica la sua funzione tonificante sul sound e mai debordante, e ciò non fa altro che strappare l’applauso: ma andiamo per ordine. La band erige un “muro” di chitarre all’ingresso di “Wall of fire”, volte a srotolare un heavy-carpet gagliardo e centrato, cosi come “Desert glass” è (g)riffato con accordi tutt’altro che tenui. L’intro cheto di “A dress of light” funge solo da scalda motore per una traccia dai classici accenti AOR, con il gusto di godere anche di varianti ritmiche non trascurabili, mentre “The war of the cosmos” è l’episodio più fruibile del lotto, con un motivetto grintoso ma bilanciato nel suo morbido furore. Invece, “Golden silence” ci calamita nella loro comfort-zone, allestita sì con stilosa acustica, ma senza obliare angolature energiche. All’arrivo di “Invisible stranger”, si resta coinvolti in mesta trama onirica, orlata da un violino seducente ed oscuro. A chiudere il discorso ci pensa lo straordinario magnetismo di “Wakan tanka”, a metà strada tra acustica Pinkfloydiana e fluttuazione à là Arcade Fire che flirtano con i Tame Impala. Quindi, tutto è bene ciò che finisce bene? All’80% è un convinto sì, il restante 20% è riservato al dubbio riguardo alla produzione, che dovrà essere ulteriormente smussata da piccole spigolature assemblative. Suggeriamo questo perché crediamo che Simone e soci stiano crescendo di lavoro in lavoro, con il chiaro intento di chi vuole creare qualcosa che lasci il segno. Lucid Dream: orgoglio italiano. (Max Casali)