GINEZ E IL BULBO DELLA VENTOLA  "L'ultima cena"
   (2020 )

Nel bene o nel male, purchè se ne parli: mi perdoneranno Ginez e i suoi accoliti (Daniele Duchini, Roberto Ascoli, Fabio Pollono) per il colpevole ritardo di queste righe, un po’ come un rigore fischiato a partita finita.

Pubblicato addirittura nel maggio del 2019, “L’ultima cena” è tornato a mostrarsi in tutta il suo fulgore ad un anno e più di distanza, oggetto di provvidenziale rilancio e rispolvero, che non guasta mai. Ben venga la ricomparsa in meritata vetrina di un disco ricco fino all’opulenza. Un disco intasato, rigonfio, stracolmo di idee come ben si conviene ad un cantautorato che magari saprà un po’ d’altri tempi, ma del resto riuscirà graditissimo proprio agli estimatori della parola, delle storie in musica, delle canzoni che hanno ancora qualcosa da dire al di là del groove e delle rime facili.

E’ una valanga di sillabe “L’ultima cena”, ma se la cava egregiamente anche sul versante musicale, centrando in più episodi arie accattivanti e furbe quanto basta a disegnare i contorni di una scrittura schietta e ben rifinita. Dieci episodi docilmente pigri ed intrisi di un lirismo denso come lava, cinquantuno minuti intensi e sbavati come il tango sbilenco à la Capossela di “Se vuoi” o il lentaccio da balera di “Lampedusa”, il diluvio di versi - intimo e vibrante - della title-track o l’erotismo palpitante e soffuso dispensato nella melodia d’antan de “Le stagioni di Marzia”.

In mezzo, il divertissement allegorico de “La vanvera” su un gaudioso up-tempo folk e la fremente ballata in francese di “Canal Saint-Martin”, il flamenco storto e sbronzo di “Buio che cala” ed i sei minuti e mezzo di “Abbracciami”, canto espressionista su un giro lineare che sa di sigarette e bourbon al servizio di un testo toccante e prodigioso. Resta giusto il tempo per il commiato bucolico e rilassato di “Tu dille”, chitarra e poco più a portare a spasso quella voce arrochita che mastica polvere e ricordi, impasta visioni e immagini in bianco e nero, antiche cantilene/inni sacri e fuorilegge.

E scusate il ritardo. (Manuel Maverna)