DEPECHE MODE "Spirits in the forest"
(2020 )
Ormai canonico è nell'ambito discografico dei big della musica il proporre, "per rinfrancar lo spirito tra un disco e l'altro", il prodotto live figlio del tour figlio dell'album. Caratteristica che i Depeche Mode hanno fatto loro da ormai un bel po' di tempo, andando quindi a ridefinire il concetto di "album dal vivo": lontani i tempi in cui, vedi il "101" di decenni fa, la testimonianza del live era un ottimo modo per fare il punto della situazione e, in alcuni casi, anche dimostrare di non essere un mero prodotto da studio. Oggi, appunto, il cofanetto con suoni e immagini diventa un inflazionato box quasi inevitabile, alla ricerca di qualche incasso di più e materia ormai più per completisti che non per normali viandanti alla ricerca, chissà, del punto di partenza per conoscere meglio la band. "Spirits in the forest" quindi si infila nella lista che già comprende i vari simili dei quadrienni precedenti, e come tutti gli altri dimostra che, ok, ascoltare un album live non è come vederlo, e anche infilare gli annessi dvd agli attuali devices non è come essere lì presenti. Ma molto meglio fa, in questo caso, l'opera di scelta della tracklist che va a depurare le scelte dai tanti, troppi riempisolchi che hanno funestato le ultime opere dei DM. Opere spesso ripetitive, noiose (non ci vengano ad inseguire con un forcone le fans di Dave e Martin), e che tolte 3-4 canzoni finiscono nel dimenticatoio in attesa dell'album successivo con annessi e connessi. Almeno, queste raccolte ci permettono di sentire il meglio della produzione, diciamo, post collassi di metà anni 90, incatenandola ai vecchi successi. Quelli che non ci stanca mai di sentire, per intenderci, anche se i puristi potrebbero far presente che l'epoca 1981-85 è quasi omessa, se non per "Everything counts" e per l'imprescindibile non-averne-mai-abbastanza di origine ancora Clarkiana. Qui c'è anche il jolly, ovvero una cover di "Heroes" che mai era uscita in precedenza, e tutto sommato diventa quasi più gradevole andare di queste operazioni che non provare a decrittare, come detto, tutta una discografia recente (recente, si tratta ormai di un ventennio) dove c'è tanta velleità ma, forse, anche un po' di appesantimento. (Enrico Faggiano)