NIGHTWISH  "Human :II: Nature "
   (2020 )

Da diversi giorni stava lì sulla scrivania, in cima alla pila dei numerosi CD messi ultimamente nel carrello della spesa, a tentarmi col suo accattivante digipack nero formato libretto, ça va sans dire, curato in ogni minimo dettaglio. Paradossalmente, le uscite discografiche a cui tengo di più sono quelle che finiscono più tardi nel lettore (o nel giradischi), dovendo attendere la giusta disposizione d’animo, quella scintilla interiore che, come cantava l’inimitabile voce del Banco del Mutuo Soccorso, Francesco Di Giacomo, “…arriva all’improvviso e non sai mai da dove” (Canto di Primavera, Ricordi, 1979). Lo so, esagero, ma i musicofili-musicomani sono allergici alle logiche mercatistiche dell’obsolescenza (discografica) programmata.

Insomma, l’ho presa larga per dire che dopo un’attesa di cinque anni dall’ultimo (bellissimo) Endless Forms Most Beautiful, l’immersione nella nuova opera di una delle mie top-band internazionali [Floor Jansen: voce, Emppu Vuorinen: chitarre, Marko Hietala: basso, chitarra acustica, voce in ‘Endlessness’; Kai Hahto: batteria, percussioni; Tuomas Holopainen: tastiere, orchestrazioni, composizioni; Troy Donockley: flauti, cornamuse, bouzouki, bodhran - chitarre, voce in ‘Harvest’], fra le pochissime che negli ultimi anni sono riuscite a farmi viaggiare fuori regione per non perdere il loro stratosferico spettacolo (fra l’altro con apertura degli Amorphis, scusate se è poco), non poteva essere lasciata al caso o vissuta in un frammento quotidiano qualsiasi. E scommetto che è esperienza comune fra chi vive la musica tutto fuorché oggetto di largo consum(ism)o.

Da poco uscito, a fine aprile (ahinoi, in piena emergenza covid), il disco aveva già scalato le vette delle classifiche di molti paesi europei e non solo (primo in Finlandia e in Germania, secondo in Canada, Austria, Svizzera e Ungheria, terzo in Polonia e Portogallo, quarto in Australia Norvegia, Repubblica Ceca e Olanda e via di seguito - in Italia solo al 45esimo posto, meriterebbe un discorso a parte ma preferisco soprassedere) e questo la dice lunga sulla caratura e sulla notorietà della formazione finlandese.

Human :II: Nature comprende due dischi, il primo composto da 9 tracce, il secondo da un’unica suite di matrice marcatamente neoclassica suddivisa in dieci episodi. Il songwriting, come sempre ineccepibile, lascia minore spazio a brani hit rispetto ai precedenti album. Il prescelto Noise, abbinato al promo video, a dire il vero appare assai insolito, “perturbante”, non proprio di facile assimilazione (i sostenitori di una loro virata in direzione pop si rassegnino). Gli elementi di divergenza rispetto ad una produzione standard maggiormente legata agli stilemi tipici del Sympho-Metal lasciano probabilmente interdetto o quantomeno spiazzato chi si attendeva una sorta di conferma dei percorsi già tracciati. Quando si sceglie di cambiare rotta è impossibile, nonché inauspicabile, ottenere l’unanimità dei consensi. Mai sedersi sugli allori: se l’autocelebrazione soddisfa i fans più devoti alle consuetudini, è spesso foriera di imminenti crisi. Stavolta i Nightwish sono riusciti a superare i Nightwish, ma possiamo dormire sonni tranquilli: nulla del loro inconfondibile stile che ha fatto riempire (e speriamo che presto torni a farlo, finita l’emergenza sanitaria) le arene concerti di tutto il mondo, è andato perduto. Orchestrazioni di stampo classico (opzione non certo insolita, ampiamente sviluppata nel disco solista di Holopainen, (Music Inspired by) The Life and Times of Scrooge, 2014, nel suo progetto parallelo con la moglie Johanna Kurkela e Troy Donockley, Auri, 2018 e pervasiva nel secondo disco) si interfacciano con basi ritmiche coinvolgenti, talvolta ossessive, di chiaro richiamo tribale (legato alle tematiche trattate) che non sconfinano nelle ripetitive, interminabili, stucchevoli galoppate in doppia cassa come da cliché di genere, per integrarsi ora con soavi coralità vocali o tastieristiche dal seducente retrogusto malinconico, ora con le incantevoli cornamuse di Troy Donockley ad evocare antiche saghe nordiche di sapore phantasy. Come se non bastasse, nel mezzo di “cotanta bellezza” strumentale si erge maestosa la voce stellare di Floor Jansen (al suo secondo disco in studio coi Nightwhish), indiscussa fuoriclasse del microfono da cui fui impressionato già quando militava negli After Forever, a deliziarci con performance che rasentano (si può dire superano?) la perfezione.

Siamo di fronte a un'ulteriore conferma dello spessore artistico raggiunto della band finlandese, una realtà dove le pur notevoli doti tecniche individuali (segnaliamo il lavoro solista di Hietala, Pyre Of The Black Heart di recente uscita) vengono sistematicamente messe al servizio del collettivo, conferendo quel sound che la rende unica, inconfondibile, inimitabile. Fatti i dovuti riconoscimenti all’ensemble, occorre ricordare la fonte ispiratrice (il motore immobile, scomodando Aristotele e Tommaso D’Aquino): il cilindro - o meglio, la tuba :-) - magico del genio compositivo di Tuomas Holopainen.

Tralascio volutamente la descrizione dei singoli brani o degli episodi della suite, lasciando al lettore-ascoltatore la frenesia della scoperta, convinto che la mancanza di una guida preliminare consenta una più ampia libertà di fruizione e una riduzione delle aspettative a vantaggio di una maggiore immediatezza dei vissuti.

Chi si sente più a suo agio nei tradizionali binari del Power-Sympho-Metal, può rivolgersi altrove e/o attingere alla produzione passata della band (in entrambi i casi c’è l’imbarazzo della scelta), mentre coloro che non disdegnano di esplorare zone meno confortevoli e familiari, pronti ad affidarsi alle sensazioni senza seguire gli schemi pre-costituiti, possono spengere il cellulare, chiudere gli occhi e salire a bordo di ''Human Nature'': per aspera ad astra! (MauroProg)