PERFUME GENIUS "Set my heart on fire immediately "
(2020 )
Il quinto album di Perfume Genius, al secolo Mike Hadreas, cantautore di Seattle, è un’opera elaborata, profonda e composita, il disco della maturità di un artista che ha molto da dire. E che, pur dicendo tantissimo, si mantiene sempre ordinato, coerente e sintetico nei suoni che esplora e nelle storie che narra, che toccano l’anima e fanno vibrare il corpo.
Dopo quattro album in otto anni e altrettante rivoluzioni, sonore e compositive, che erano culminate con gli eccezionali Too Bright (2014) e No Shape (2017), l’opera più ambiziosa e stratificata di Hadreas, non ci si poteva che aspettare un altro passo avanti. Così è stato. Set My Heart on Fire Immediately è uno statement fortissimo da parte di un autore che ha idee ben chiare e grandissime doti. È radicato più al suolo, è fortemente “terreno”, sanguigno, oserei dire carnale. Non disdegna l’anima – anzi, è forse quella che, in ultimo, cerca di afferrare, strappare –, ma la sfiora e la seduce per gioco. “Soul on fire”, canta nella splendida “Nothing at All”, che è forse il manifesto del disco, sprazzi di dolci luci pop, suoni cupi e taglienti, dissonanze e polifonie, dove una voce purissima rincorre quella lavorata da effetti. Se l’anima è in fiamme, Hadreas ripete all’amato: “I got what you want, babe / I got what you need, son / Nothing, nothing at all”. Qualcosa è andato perso nel passaggio da un elemento all’altro. Non parlo di logica, non cerchiamo quella. Hadreas vuole essere reso libero (“Set me free, don’t wait”, canta nella stessa canzone) ma non sa cosa può offrire lui stesso. Tutto e niente, dice. È qui il salto di cui parlavo, è qui che si fanno i conti con la corporeità, il corpo prigione dell’anima che è però dolcissimo e splendido, fonte di scoperte, anzi, con Hadreas, di rivelazioni e di liberazioni.
Di liberazione dal corpo e dell’influsso che il corpo e la danza hanno sulla musica di Hadreas si è occupato qualche giorno fa l’NPR in un articolo illuminante. Quel desiderio di rifuggire dal corpo e al tempo stesso di celebrarlo è presente in tante canzoni di Hadreas, specialmente nei suoi primi due album e in parte persino in Too Bright. In No Shape il tema veniva declinato in modo differente, inserito all’interno di un romanticismo senza tempo del quale venivano riscritte le regole. Per NPR Marissa Lorusso scrive proprio del modo in cui Perfume Genius utilizza il suo corpo “as a vehicle for expression”. Esso è parte, ne è convinta, ne siamo convinti anche noi, di un progetto più grande. Abbiamo scritto qualcosa di simile anche nella recensione del nuovo, ottimo album di Moses Sumney, uscito lo stesso giorno di quello di Hadreas. Anche per Moses corpo, danza e apparato visual sono fondamentali e strettamente connessi tra loro.
Il video di uno dei due brani che ha anticipato l’album di Hadreas, “On the Floor”, è la perfetta dimostrazione di quanto musica, danza e corpo siano avvinghiati nella sua idea di arte. E si tratta, appunto, di un avvinghiarsi che è fisico. “On the Floor” è un synth-pop energico, una corsa luminosa e frenetica e all’apparenza ottimistica che conduce a un finale nostalgico (“I just want him in my arms”). È la traccia maggiormente pop dell’album, il suo centro ideale, dove l’ottimo lavoro di Blake Mills e Matt Chamberlain si mostra in tutto il suo splendore, un approccio “pulito” interrotto da distorsioni o piccole dissonanze. L’altro brano che aveva anticipato il disco, “Describe”, è altrettanto stratificato ma ancor più onirico e rarefatto, e la mancanza di parole (“Can you describe them for me?”) è associata a una fusione tra strumenti e voce, caricata ed effettata al punto da immergersi in un magma di suoni bollente e pulsante.
Molti dei brani più potenti del disco sono accomunati da questo insieme di fisicità e di liberazione, di impressione momentanea e immagine impressa nel marmo. “Without You”, un episodio baroque pop straordinario, narra di un’assenza che riempie il mondo di Hadreas svuotandolo di tutto il resto. “Jason”, una canzone d’amore e di scoperta del corpo (“Jason undressed me”, “We were 23”) impreziosita dall’harpsichord e da un incedere inquisitorio del basso, sembra andare a scavare nei segreti più intimi di Jason e Hadreas. Ad aumentare il mistero e il fascino sono gli archi, ariosi e compatti, che come in No Shape allargano gli orizzonti delle composizioni di Hadreas. E poi c’è “Leave”, dove di nuovo la voce di Hadreas emerge da una palude di strumenti e di synth, di rumori e di suoni, e prova a dipingere una liberazione che è però radicata nel corpo, nell’atto carnale, nel desiderio. “Set my heart on fire immediately”, canta, “and leave”. “Your Body Changes Everything”, il cui titolo dice già tutto, inizia con un’affermazione cruciale: “Give me your weight, I’m solid”. Nella perenne instabilità che caratterizza questo folle mondo contemporaneo, Hadreas sceglie di essere sintetico e di non rinunciare alle vere emozioni: “Barely holding on / Now I'm singing”, canta in “Leave”.
La canzone e il canto, come il corpo e la danza, sono il principale mezzo di liberazione e attraverso ciò Perfume Genius si arrampica per provare a raggiungere un obiettivo concreto, forse la salvezza di anima e corpo. All’inizio del disco, in “Whole Life”, che riecheggia la Commedia dantesca, Hadreas canta: “Half of my whole life is gone / Let it drift and wash away”. Giunto a metà della sua vita Hadreas prova a fare un bilancio ma capisce subito che il progetto è insensato: “Shadows soften toward some tender light / In slow motion I leave them behind”. Lascia tutto alle spalle, tutto tranne la sua arte, che l’ha portato dov’è e che l’ha condotto alla creazione di questo quinto album. “All this for a song?”, si domanda, incredulo, in “Some Dream”. La melodia e le chitarre aggressive lo avevano incalzato. Ora un piano e degli archi lo cullano, e allo stupore si aggiunge il compiacimento. Sì, tutto questo per una canzone. Set My Heart on Fire Immediately è un organismo vivente e come ogni organismo vivente si muove, ha pulsioni, soffre e gioisce. Come in No Shape, Hadreas prova anche qui a dire qualcosa di nuovo su cosa sia l’amore. In “Moonbend”, cosmica e intima, canta “Holding his tongue / I read the classics” e “Burrowed in his spine / Now I'm learning Spanish”. È sintetico, minimale, sussurra. Nella conclusiva “Borrowed Light” prova a darci qualche altra indicazione: “Just be here, Jamie / Just let that old thing die”. I sentimenti escono fuori contratti ma sempre sinceri. È un percorso duro e faticoso, è una lotta difficile, ma se i risultati portano a dischi splendidi come questo bisogna gioirne.
(Samuele Conficoni)