FAITH NO MORE  "Introduce yourself"
   (1987 )

“Introduce Yourself” è il secondo disco dei Faith No More. È un disco molto ricco e a tratti davvero complesso. Va detto che la commistione di stili diversi assume con questo lavoro un’intensità e potenza diverse rispetto al passato, complici la voce catramosa e le tastiere d’atmosfera. Ciò che colpisce è la sfuggevolezza delle canzoni; siamo al confine di diversi generi, ma la fusione avviene con la maggiore naturalezza possibile e senza sbavature. Più che una fusione, i Faith No More ci propongono la loro visione del rock, influenzata da molti generi diversi, ma non subordinata ad essi. Anzi, spesso l’ibrido è meglio dell’originale. Le atmosfere sono diverse rispetto ad altri lavori crossover. Certo, ci sono alcuni pezzi di funk rock tipici come “Anne’s Song”, che evidenzia l’originalità di Chuck Mosley alla voce, o “Introduce Yourself”, un incalzante inno che polverizza ogni dubbio o timore. Le composizioni sono poderose, ben scritte ed eseguite. Ma ciò che stupisce davvero del disco è la sua ampiezza. Si passa dal metal decostruito di “Faster Disco”, una sorta di cantilena furibonda in continuo movimento, alle atmosfere nebbiose di “Chinese Arithmetic”, una nenia noise che esplode ed implode continuamente. “Death March” è una reale marcia di morte; ma in ogni canzone coesistono sempre diversi aspetti; fragore e cupezza, potenza e decadenza. Successivamente troviamo l’ottima “We Care A Lot”, orecchiabile come poche altre. “R ‘n’ R” è un altro episodio di rock totale; rap sfrenato, idee da vendere, riff carismatici, stratificazioni elettroniche. Insomma, una formula perfetta. “The Crab Song” è il punto di non ritorno; una cantilena ubriaca che si infiamma fino ad esplodere veemente. I Faith No More uniscono rabbia punk, metrica funk e potenza metal, creando un linguaggio musicale che si distacca non poco dalla formula di altri gruppi di questo movimento. “Blood” è uno stupendo ibrido; tastiere suadenti, potenza ritmica, chitarre sferzanti e il cantato adrenalinico danno vita ad un rock complesso e trascinante. “Spirit” è l’ultima traccia, le tastiere e le chitarre supportano magnificamente la furia che esplode nelle nostre orecchie. In conclusione “Introduce Yourself” è un lavoro eccellente; si superano i limiti del crossover per dirigersi verso una sorta di rock omnicomprensivo di svariati stili e senza coordinate. Questo disco è un punto d’arrivo, difficilmente superabile per personalità e unicità. (Fabio Busi)