MALECHERIFAREI  "Malecherifarei"
   (2020 )

“Cieco, raggio bianco e ciclope, il guardiano del faro non si mette mai in luce” (da “Guardiano del faro”).

Si sa poco di Malecherifarei, al di là che è bolognese, che ha vissuto in Sud America e che si chiama Michele Maccaferri.

Il suo aspetto ha qualcosa di diabolico, luciferino e, infatti, anche nella sua musica aleggia una forte presenza di zolfo. D’altronde, cosa ci suo può aspettare da uno che sceglie di chiamarsi Malecherifarei?

Il suo “Male” è un rock/pop cantautorale con tanto sangue nelle vene, vivo, focoso e con una produzione di tutto rispetto.

Chitarre tremolanti, trombe in evidenza, bassi pulsanti, cori e controcanti danno a tutto il disco un’atmosfera torrida e passionale.

La contaminazione del soggiorno in America latina si sente, eccome, ma viene restituita in ambito rock con un risultato che sta dalle parti dei Calexico,Tom Waits e il Nick Cave degli anni '90.

La voce profonda di Michele ricorda vagamente quella di Motta, si lega bene al suono della band, che non viene presentata nella cartella stampa, ma fa ottimo lavoro in fase d’arrangiamento con intuizioni sempre creative e differenti in ogni pezzo rimanendo, però, stilisticamente sempre in un perimetro definito.

Apre “Sangue nelle vene”: timpani in evidenza, ritmica misurata ma presente, appiccicosa come melassa, e anche il ritornello che ti attacca in testa e non si stacca più.

Sale ancora la temperatura nell’esotica “Altomare”, e tra assoli di tromba ed evoluzioni chitarristiche si arriva a “Via di qua“, inizio sussurrato alla Vasco Brondi sulle lunghe note sostenute di chitarra poi il violento crescendo finale che sprigiona tutta la voglia repressa di fuga dalla quotidianità e dalle proprie frustrazioni. Perfetta per chiudere un live.

“Senza di te” è il centro del disco, un novello Lou Reed che vaga tra Bologna e Parigi alla ricerca di qualcuno o qualcosa e trova un brano di grande impatto, trascinante, coinvolgente e anche geniale, con i coretti citazione di “Sympathy for the devil” (il demone è sempre presente).

Si riparte con la disincantata “Semplice e cruda realtà”, con tromba e tastiere che si inseguono nel finale.

Il viaggio continua incontrando l’amore che ti annulla di “Scordarsi di me”, con ritmi in tre tra Tom Waits e i Calexico, e nella profetica ed avvolgente “Pensa che bel mondo”. “Guardando con la luce del faro verso il nero più scuro verso il nostro futuro”: la solitudine e l’abbandono del “Guardiano del faro” dominano nel brano più cupo ma anche più intenso della raccolta, la tromba marziale ed i cori rimandano ai La Crus degli esordi.

“Rotolando verso sud con un calcio in culo e i denti rotti/criticando déjà-vu con la testa piena di cerotti”: gran finale con “Come tu mi vuoi“, andamento alla Stones in risveglio post sbronza, fa venir voglia di far le valige e partire per qualunque posto, ma partire.

Insomma, Malecherifarei mi fatto una gradita compagnia mentre camminavo nelle vie deserte di Milano al tempo del Coronavirus. Un ottimo esordio, già molto maturo, una spanna sopra gli altri sentiti ultimamente.

Se il male che rifarà sarà questo …allora che il male sia fatto. (Lorenzo Montefreddo)