OFFICINA F.LLI SERAVALLE  "Tajs! "
   (2020 )

Se desideriamo sperimentare il fascino del bello, che Platone associava al bene, il nostro Belpaese offre l'imbarazzo della scelta. Per chi abita dalle mie parti sarebbe sufficiente fare un giro in Piazza dei Miracoli o nel litorale labronico, ma dovunque si può godere delle bellezze artistiche o naturali senza dover necessariamente rischiare la sindrome di Stendhal al cospetto delle opere di Michelangelo o Caravaggio (e chi più ne ha più ne metta). Eppure la mente umana è tutto fuorché specchio affidabile di equilibrio, armonia e stabilità.

Poiché la divina Mus(ic)a ci regala l'opportunità di esplorare (ed esprimere) il tortuoso caleidoscopio della vita interiore, occorre avere il coraggio di confrontarsi con la disarmonia, con la dissonanza, in altre parole con il (nostro) negativo: impossibile non richiamare le prime letture filosofiche di Hegel, che per lo scrivente rimandano (ahimè l'età!) alla metà dei "progressivi" Seventies.

Eh già, in quel periodo, come si sa, proliferavano le sperimentazioni musicali ispirate (o meno) ai leggendari maestri Karlheintz Stockhausen e John Cage: da Brian Eno a Franco Battiato, da Frank Zappa a Robert Fripp, fino al Rock in opposition di Stormy Six ed Area (e mi fermo qua). Un filone noto ad ogni musicofilo dell'epoca che faceva storcere il naso agli adepti della melodia-rmonia ma che non passava certo inosservato, esercitando un'attrazione (quasi) fatale per una significativa parte del variegato universo progressivo (e non solo). Il tutto, senza soluzioni di continuità e con alterne vicende, si è protratto fino ai nostri giorni.

Se nei (bei) dischi dei Garden Wall possiamo ritrovare queste radici in una cornice di avant-garde rock, quando i fratelli Alessandro e Giampietro Seravalle si riuniscono nella loro "Officina", con ''Os frais gros fris fics segs'' (2018) prima ed ora con ''TAJS!'' (2019), si (ci) liberano da ogni residuo vincolo melodico, librando negli oscuri meandri di una elettronica acida e inquieta(nte), a tratti narrata e minimalista, per rappresentare le tematiche elencate nei titoli dei dieci brani che compongono il CD: ''Danzatori di nebbia'', ''AUSA'', ''Aritmetica dell'incurabile'' (che riprende il filosofo romeno Emil Cioran), ''Vuoto politico'' (legato alle travagliate vicende italiane dei primi anni Novanta), ''Saturno'', ''NYC subway late at night'', ''Bewusstsein als verhangnis'' (ancora Cioran da un testo di Alfred Seidel), ''Insonnia'', ''Distopia'' (di orwelliana memoria), per finire con ''Decostruzione'' (quale epilogo più attinente?).

C'era una volta dunque l'avanguardia. O meglio, c'è ancora, con questi temerari (non pochi se diamo uno sguardo alla produzione musicale underground, il che fa ben sperare rispetto alla fruizione passiva della musica usa-e-getta) che ne rinverdiscono i fasti, percorrendo sentieri prevalentemente segnati dall'elettronica quale inequivocabile segno dei tempi. Benemeriti temerari la cui voce deve, giocoforza, trovare un microfono in etichette altrettanto benemerite e temerarie, ovvero sostenitrici di un'utopia che affermi il primato della curiosità, della qualità e dell'esplorazione rispetto allo sterco del demonio (ogni riferimento alla Lizard Record non è puramente casuale). Decisamente consigliato ai ricercatori di trasgressioni sonore non rassegnati ai dettami del musically correct. (MauroProg)