GASTONE  "(II)"
   (2020 )

“La scomparsa dell'omonimo cane fra le onde del mare rivela sentimenti di nostalgia e introspezione”. Potrebbe iniziare e terminare qui la recensione di quest’album. Si potrebbe disegnare un’ambientazione tra le onde del mare Adriatico, di fronte ad una spiaggia grigia e priva di ombrelloni. Ciò è sufficiente a provocare l’uscita di questo album dal titolo emble/enigmatico, “(II)”. Il collettivo che lo lancia al pubblico, i Gastone, si sente di appartenere all’art-rock italiano a cagione del fatto che ha l’attitudine a colorare il suono con arpeggi eterei e psichedelie varie. Poi fa uscire due brani apripista del presente lavoro discografico, con relativi videoclip, “Cristalli” e “Letargo”. Il primo ambientato su una spiaggia, col cantante in vesti settecentesche mentre scandisce le liriche del brano, su una base ritmica serrata ma leggera, non violenta, sostenuta da una tosta, intrecciata parte di basso. Riempitiva, satisfattiva. Si direbbe, si sentono i cristalli di basso. Il secondo videoclip, “Letargo”, é invece suonato dal vivo in ciò che sembra una cantina, un sotterraneo, appunto, un luogo da letargo. L’ambient conferisce un suggestivo sound, e lo si sente anche solo dalla clip su youtube. Si nota, in generale nel lavoro discografico, una certa scelta personalizzata dei suoni, ovattati, che non balzano in alto con le frequenze, che mantengono una certa compostezza anche quando vogliono esprimere in musica concetti più intensi. Con “Transatlantico”, in particolare, la voce del lead singer si sposta su sonorità vocali che, stranamente (ma non troppo), ricordano la voce di Aldo Tagliapietra delle Orme. Ad esempio, nel classico “Gioco di bimba”. Sarà forse che i Gastone, oltre all’art-rock, hanno nel loro DNA anche il buon sano progressive italiano. Però poi ci si imbatte in “Febbre”, che incuriosisce per la particolarità delle melodie, per la scelta in sequenza di posizioni chitarristiche che sembrano (e lo sono) contrastanti o non in scala. Ma in realtà sono molto più armoniche, più contestualizzate di quanto sembra, soprattutto quando fanno da megafono a quel “...non sei il solo, non sei l’unico con le ossa rotte”. Su questa linea è il turno del brano più meritevole dell’album, “Invecchiando”. Ancora più fuori scala del precedente. Eppure il più in armonia di tutti, nel contesto. E’ questa la particolarità di composizioni che probabilmente nascono da qualcosa di strano, dall’equivoco, dalla sorpresa, da una forte emozione, che si riflette poi nella mente dell’ascoltatore per il tramite del suono e dell’armonia-non-armonia. “Condoglianze” è l’epitaffio musicale per quella povera bestiola annegata nelle onde dell’Adriatico. Il titolo è eloquente ed è un sacrilegio anche solo a parlarne. Se non fosse per quel ritornello atipicamente armonico (anch’esso) incastonato in una sorta di requiem. Infine “Ombra”, ultima melodia che chiude il circolo, nei suoi sette minuti di durata, con tinte misteriose e fosche, musicalmente e liricamente. I Gastone hanno sommariamente l’attitudine ad esprimere concetti, dimenandosi, sì, ma restando al contempo in una bolla di sapone. A non fare troppo rumore, a rappresentare con suoni disadattati/adattati le inquietudini del momento, senza disturbare l’ascoltatore. Entrano ed escono col loro suono ovattato, con passo felpato, lasciando la porta semichiusa. Facendo presagire che forse ritornano. (Vito Pagliarulo)