OISEAUX-TEMPÊTE "From somewhere invisible"
(2019 )
Un palpabile sentore di intellighenzia stilla da ogni nota, riverbero, dilatazione, rumore di fondo o movimento appena accennato: “From somewhere invisible”, quarto album lungo e settimo in totale del collettivo Oiseaux-Tempête per la belga Sub Rosa, è opera complessa, manifestazione strabordante di arte varia post-tutto avvolta in un’aura psych che dilaga sul territorio indefinito tra sperimentazione, letteratura, afflato cinematografico e detriti di musica truccata e insinuante.
Nato nel 2012 con base a Parigi su iniziativa di Frédéric D. Oberland e Stéphane Pigneul, il progetto ha assunto e mantenuto negli anni le sembianze di un act aperto, inglobando nel tempo decine di musicisti, sul modello dei Godspeed You! Black Emperor. “From somewhere invisible” nasce quasi per caso: l’album raccoglie sette tracce composte e registrate a Montreal sul finire del 2017 nei prestigiosi Hotel2tango, al termine di una due-giorni improvvisata in coda a due date di supporto allo split Suuns/Jerusalem In My Heart. Oltre ai padri fondatori, il lavoro vede la presenza tra gli altri di Radwan Ghazi Moumneh (Jerusalem in My Heart), di G.W. Sok (The Ex) al quale è affidata la narrazione nei tre brani non strumentali, del compositore e produttore francese Paul Régimbeau (in arte Mondkopf), del batterista e percussionista Jean-Michel Pirès (The Married Monk) e di Jessica Moss, violinista per Thee Silver Mt. Zion.
I tre episodi con la voce narrante di G.W. Sok musicano altrettante poesie: “He is afraid and so am I” di Mahmoud Darwish, “We, who are strewn around in fragments” di Ghayath Almadhoun e “The naming of a crow” di Yu Jian: siamo da qualche parte tra fini intelletti sparsi, su un ponte fra Julian Cope e Scott Walker, tra crescendo infidi appena filtrati dai paludamenti di una levigata oscurità e reminiscenze di Flying Saucer Attack, come nel rarefatto veleggiare di “In crooked flight on the slopes of the sky”, scossa da disturbi e modulazioni prima di adagiarsi pigra su un groove gentile e morbido.
Da suggestioni di visual-art fino alla meravigliosa chiusa di “Out of sight”, tre minuti e mezzo sospesi in una bolla di languore che unisce Pink Floyd e Forest Swords in un incontro improbabile e sensuale, “From somewhere invisible” è ben più di un reading o di una tentazione avanguardistica: volteggia sinuoso oltre categorizzazioni di comodo e disamine cervellotiche in quarantasei minuti intensi e tesi, evocativi e vibranti nella loro ipnotica, altera eleganza. (Manuel Maverna)