SCHILLER  "Morgenstund"
   (2019 )

Caro Christopher Von Deylen. Sai che ti ho sempre amato. Sai che ho cercato di portare in giro il tuo nome, qua sotto il Brennero dove ti conosciamo in tre. Sai che ad un certo punto, in qualche forum di pallacanestro, ho anche usato il tuo nickname Schiller in tuo onore. E questo dovrebbe farti capire tanto, della mia passione per te. Arrivo anche a pensare che, se io apprezzassi il genere, saresti anche un discreto figo. Però, lo sai che da un po’ di tempo fatico ad ascoltarti? Certo, attendo sempre le tue nuove uscite come Penelope con Ulisse, ma… non ti sembra di essere diventato un pochino ripetitivo? Cioè… vedi… le tue prime cose erano grandiose, erano una specie di new age mischiata ad elettronica tosta da discoteca: di quelle robe, per dire, che tu le balli mentre pensi a mille faccende esistenziali, e ne esci in totale sindrome di Stendhal. Poi? Poi non lo so, sei invecchiato, siamo invecchiati, e il tuo sound è diventato molto, troppo soft. Troppo rivolto all’anima e poco alla spina dorsale, e alla lunga tutto si trasforma in qualcosa di bello, di piacevole. Per chi ti sente per la prima volta e non sa che, in precedenza, riuscivi a portare all’estasi sia mentale che fisica. “Morgenstund” è il tuo solito album, che nella versione deluxe è una fluviale (42 brani!) serie di strumentali dopo e collaborazioni prima: stavolta hai gente come Moroder, i Tangerine Dream, perfino Nena (Nena! Quella Nena!), hai brani come “Dreamcatcher” che restano al primo ascolto. E’ però il complessivo che è complicato, perché va bene mantenere una propria linea e non dedicarsi all’unz-unz facile facile. Però, una via di mezzo la riusciamo a trovare, come facevi ai tempi di “Glockenspiel” e compagnia bella? Altrimenti, ad un certo punto, rischio davvero di non sapere quale dei tuoi lavori sto ascoltando. Oh, ripeto, bello è bello, ma per uno che ti conosce davvero bene, tutto sommato, non è diverso da molti altri… (Enrico Faggiano)