SARAH-JANE SUMMERS  "Kalopsia"
   (2019 )

I potenziali sonori e emotivi della viola e del violino hardanger, nato nel sudest della Norvegia, sono il concentrato di ''Kalopsia'', il nuovo lavoro di Sarah-Jane Summers, artista premiata nel 2017, dalla BBC Radio 3, come album dell'anno. E spero proprio lo rivinca anche con questo.

Le 14 tracce includono una gamma di tecniche contemporanee per violini, ispirate da Sciarrino e Scelsi, per citarne alcuni. Sarah ha una passione, innata e profonda, per il suono in sé. Ogni brano inizia per poi disintegrarsi in pochi istanti. Le note diventano rumori scuri o silenzi totalizzanti.

Anche se l'artista ci trasporta nell'astrattismo, se si allunga l'orecchio, la storia da musicista tradizionale viene a galla. Inoltre, la registrazione gioca un ruolo importante nell'album della, forse, migliore musicista di improvvisazione in Europa. Oltre alla stereofonia, ci sono delle curiosità. Juhani Silvola, il tecnico del suono, ha posto il violino sul tavolo, dandolo in pasto a parecchi microfoni in modo da regalare all'ascoltatore la percezione di essere all'interno dello strumento. La complessità polifonica ringrazia molto la Jane-Summers. E' una scozzese, trapiantata in Norvegia. Le tradizioni di questi due Paesi freddi si uniscono nella tradizione, sottolineata da ''Kalopsia''.

''Meraki'', il settimo brano, mi aiuta a coprire il rumore (quello vero!) dell'operaio che qui sta aggiustando il bagno, calmandomi. ''Lethophobia'', il tredicesimo e mio preferito, sembra inizi con un peto, ma non dà fastidio. Anzi, pensavo fosse stato l'operaio di cui sopra. Una coincidenza petulante? (Matteo Preabianca)