DANIELE COSTANTINI  "Il primo uomo sulla luna"
   (2019 )

Dopo l’esordio elettropop con l’album “Come polvere”, Daniele Costantini torna col secondo lavoro, dove riprende in mano gli strumenti acustici, per virare ad un pop rock d’autore: “Il primo uomo sulla luna”, autoprodotto come il precedente. Dieci nuove canzoni, dove sentimenti ed emozioni si mescolano ad una certa coscienza sociale, con quel piglio d’intenzione donchisciottesca affine a Roberto Vecchioni, che infatti talvolta si riflette vagamente sul modo di cantare, di impostare la voce con la stessa convinzione. Il senso di ribellione al conformismo si riflette anche nella scelta musicale di intonare gli strumenti a 432 Hz anziché 440, seguendo il famoso concetto verdiano dell’accordatura aurea, seguito anche, tra gli altri, dai Rolling Stones e dai Pink Floyd. Le carte si svelano dall’inizio con “Un popolo unito”, che inizia con: “Non ho paura dei fantasmi, ma ho paura di uomini falsi”, e procede col sarcasmo: “Vuoi una caramella? (…) un’altra mela, sissignore”. E il ritornello orecchiabile invoca il coro del pubblico: “Un popolo unito fa paura al nemico”. Nel funky pop “Come due gocce d’acqua” si introducono l’amore e i cori femminili, che torneranno più volte nel disco: “Non ti dovrei amare, non ti dovrei pensare, ma prova a dirlo a un sogno che non è libero di sognare”. Il monito di “Nella mente” contro i “manipolatori” si risolve ancora col sarcasmo: “Non mi dire dai, che non hai visto mai, un asino che vola? (…) gli assassini della Storia li chiamate eroi, va bene dai avete ragione voi! (…) Ma i matti sono liberi, finalmente”. La musica è semplice, e ricorda quel rock dritto degli episodi più decisi dei Nomadi. Costantini sente su di sé la tensione di fare qualcosa di utile, e la mostra in “Adesso respira”: “È sfuggita l'occasione di far grande il mio tempo, lascio perdere o continuo?”. Il batterista mette il charlie in levare in “Un ritmo nel tempo”, brano che invita al ballo. Nella divertente titletrack emerge l’attitudine al sarcasmo di Daniele, che in certi momenti si traduce direttamente in turpiloquio: “A chi giudica la vita e a chi la tortura (…) a chi vive nella contraddizione, a chi uccide solo per missione. A chi ci vuole prendere per il culo, sei tu lo scemo, ma vaffanculo!”. “Vortice” rientra in quel vasto filone di canzoni sul senso della vita in generale: “Vorrei sapere se già c’è un grande vortice che ci fa vivere”. Tema ricorrente è quello della libertà: “E mi vien da ridere perché siamo anime libere”. “Un’emozione forte” scivola nel miele: “Dai vieni qui, ehi piccolina, lo so che mi ami tanto, ma tanto così”. Ma su “Dove nascono le stelle” torna il guizzo aggressivo, nel suo essere enfatico: “Non pensare che sia difficile, ma niente sai è impossibile. Nonostante tutto rimane quel sorriso, a fanculo tutto, l'inferno e il paradiso”. Sopra un fondo sonoro stellare, la chitarra esegue un bel controcanto melodico alla voce, che nel ritornello diventa solenne: “Che questa canzone sia impressa nella pelle, dal pianto della luna e dove nascono le stelle”. L’album si chiude con “Io e te”, che ha la struttura di una classica ballata sanremese, con introduzione soffice e poi la partenza della batteria. E si conclude tra amore e sogni. Daniele Costantini ricorre ad uno stile di cantautorato classico ed essenziale, col quale scrive e canta pensieri e speranze con spirito battagliero. (Gilberto Ongaro)