STINS  "Through nightmares and dreams"
   (2019 )

Il tempo di strappare 24 pagine di calendario, ed ecco il pronto ritorno dei toscani Stins con “Through nightmares and dreams”: un titolo, forse, più da horror-movie che da documentario rock, ma poco importa. Le 10 tracce dell’album rivelano che, “tra incubi e sogni”, i secondi hanno la prevalenza sui primi, poiché le cornici assemblative del giovanissimo combo (21 anni di media), fan sognare in grande con quadrature di hard&heavy e risvolti di blues, street-rock e wave-punk ma più defilati. Tanto per gradire, l’opener “Drowing into you” sfoggia una grinta sotterranea che fa presagire buone vibrazioni per tutto il circuito, e zero pentimenti sull’acquisto del cd. Ora, ecco a voi l’impronta di “All I want”, che si fa più marcata e lascia bene il segno, con scalate d’accordi di buona tecnica, mentre in “Ride my skin” c’è tutta l’anima rock 70’s, con chitarre graffianti quanto basta per non sfociare in heavy-metal. “Black Lily” ti si incolla addosso come un geco sul muro, per godere di fitti riffs chitarristici senza crepe in superfice. Invece, le chitarre circolari e ronzinanti di “The chaser” dan vi(t)a a piedini battenti e teste frullanti in un vortice di granitico rock. Non c’è che dire: gli Stins sono espressione di ottimo rock, come quello impastato nel blues vigoroso di “Adolescence coalescence” che appare e scompare nelle tratte opportune. Signori, giù il cappello con “Billy get to school”, tra alt-rock ed acido punk-wave: decisamente un episodio a sorpresa che fa scattare il pollice in su e l’istinto di aprire Facebook per cliccare un “like”. Direi alquanto smaliziati i ragazzotti… con una strizzatina d’occhio agli Stones, la voce di Giulio Nencini sostiene l’impatto di “I’m on fire” con decorosa valenza, ed interessa poco se Mike Jagger è inarrivabile: conta saper trasmettere emozione e la finalità è raggiunta. Chiudono con il tradizionale rock di “Everything or anything”, sigillando compiutamente un album compatto e maturo che fornirà agli Stins una maggior convinzione progettuale, al punto che sapran scrollarsi di dosso l’eventuale timore carismatico dei Big. Però va detto che, da un paio d’anni a questa parte, sono cresciuti tanto e non solo sul documento d’identità. Hanno indubbiamente il pregio di aver assimilato bene dettami di Ac/Dc, Faith No More, Led Zeppelin, ma dovranno personalizzare ancor di più il sound per ambire a ritagliarsi un’identità più esclusiva e un po’ meno derivativa. La speranza è verde, come la loro età. (Max Casali)