NONMIPIACEILCIRCO!  "Mantra Marx"
   (2019 )

Il progetto multiforme del giramondo Matteo Preabianca, NonMiPiaceIlCirco!, è arrivato all’ottava creatura in studio. Ogni tappa di questo percorso è imprevedibile, vista l’anima estremamente sperimentale. Se negli album precedenti talvolta si esplicitava l’intenzione critica, militante e rivoluzionaria, il nuovo LP rende tale direzione ancora più radicale, anche a livello musicale. “Mantra Marx” essenzialmente è una registrazione “on air”, cioè come fosse ripresa da uno spettatore, anziché da un tecnico del suono. La cosa è certamente voluta, viste alcune produzioni precedenti più tradizionali. Il disco è costituito da 25 tracce, quasi tutte da poco più di un minuto. Gli strumenti acustici e la batteria elettronica seguono ognuno battiti propri, ed anche la voce segue melodie fuori tempo rispetto alla drum machine e agli strumenti. Insomma, anarchia totale dal punto di vista strutturale. Il fastidio organizzato serve ad accompagnare le parole, cantate appunto come dei mantra. Tutti i versi di tutti i testi sono ripetuti due volte, come dei salmi, affinché entrino nella coscienza di chi ascolta. E di che si parla? Dell’economia di mercato, della forza lavoro, il tutto con occhio profondamente critico. I mantra sono esposti con pochi verbi e molti sostantivi, come formule matematiche, il pensiero marxista si ripresenta ancora una volta come scientifico. I concetti si susseguono e, una volta evocati, ricompaiono nei titoli successivi. Si riportano qui alcuni nomi delle tracce ed estratti di testo, per capire la visione oculata e scomoda di questo concept che possiamo definire ortodosso. “Merci come religioni”; “Lo scambio genera denaro”; estratto da “Merci come denaro”: “Le merci oscillano, il denaro fluttua, merci circolanti, prezzi in movimento, velocità di moneta. Il denaro è moneta, soltanto simbolo statale. Merce per denaro, solo per denaro. Tesaurizzazione”. “La trasformazione” arriva ad uno dei cardini del pensiero: “Comprare per vendere, comprare per vendere, lo scopo è il guadagno incessante, non la sua utilità. La circolazione non crea valore, la forza lavoro lo fa. (…) Io pago dopo averti consumato, tu mi fai credito”. “Lavoro e valorizzazione” fa comparire il termine chiave “plusvalore”, che diventa pretesto per lo sfruttamento; saltando un po’, andiamo al sodo con “Saggio del plusvalore”: “Quattro ore sono la base per la mia esistenza. Dalla quinta ora il lavoro è soverchio per il plusvalore. La forma di estorsione del plusvalore distingue le economie della società (...) sfruttamento assoluto della classe operaia”. Eccoci. E a difendere lo status quo, altre figure compaiono accanto ai capitalisti: “Capitalisti, preti e intellettuali gridano, sia salva proprietà, famiglia, religione e società”. Fino al paradosso cantato in “Saggio e massa del plusvalore”: “I mezzi adoperano l'operaio”. Scorrendo in avanti, si passa alla polverizzazione del lavoro, ne “La manifattura”: “Stesso artigiano ma mestiere scisso in più parti”. Nello sfondo rumoroso di questa traccia ci sono neonati che piangono, forse non per caso. Dalle critiche si passa alle proposte utopistiche in “Forza lavoro e plusvalore”: “Eliminazione capitalismo per limitarci al lavoro necessario. Distribuzione proporzionale del lavoro fra i membri della società”. Un trittico sul salario descrive le diverse condizioni: “Salario come valore”, “Salario a tempo”, ed il temibile “Salario a cottimo”. E così via, fino ad accennare un fondo storico nella penultima traccia “Accumulazione originaria”: “Processo storico di separazione del produttore dai mezzi di produzione. Dissolvi il feudalesimo e nasce il capitale. Punto di partenza è servitù del lavoratore. Tutto inizia con Enrico VIII, da proprietà privata personale a proprietà privata capitalistica”. Se siete arrivati fin qui a leggere, allora siete pronti per questo disco. Se vi mancano le deliranti prediche dei CCCP, e non vi bastavano i ricordi nostalgici degli Offlaga Disco Pax, qui c’è pane per i vostri denti, un po’ di ortodossia e di pensiero intransigente. (Gilberto Ongaro)