ARIANNA POLI  "Ruggine"
   (2019 )

Dopo anni passati ad eseguire cover nella sua cameretta, e messe su YouTube, la giovanissima Arianna Poli esordisce con l’Ep “Ruggine”. Spulciando il suo canale si intuiscono le coordinate indie: ha cantato pezzi di Gazzelle, La Rappresentante di Lista, Coez, Motta, I Cani, Calcutta eccetera. Il pensiero va per forza di cose ad Asia Ghergo, che a marzo 2018 pare finalmente aver proposto una sua canzone inedita, “Giovani fluo”, che ricalca tutti gli stilemi degli artisti della scena che interpreta. Anche Arianna, con i suoi 6 pezzi, ci gira intorno, ma perlomeno inizia ad inserire variabili inattese. Ad esempio, “Ruggine” si apre con “Mi libero di te”, che propone la sua chitarra acustica con accordi di settima maggiore e minore. Mentre la Poli canta con la sua voce dolceamara, affine un po’ a quella di Malika Ayane, a sorpresa il ritornello si trasforma in un rock elettrico, che sottolinea la liberazione di Arianna: “Mi libero di te, sì, mi libero di ciò che è rimasto, faccio un falò”. In “Non ti conosco” invece l’arrangiamento resta acustico e minimale. Durante il periodo post relazione, vengono elencati ricordi e dettagli dell’ex, che erano familiari ed ora tornano estranei: “Ammiro ogni passo, ogni mossa che fai mentre bevi il tè, che per colpa del tuo cuore fragile, mai e poi mai vorresti il caffè (…) Mi chiedo che cosa mangi, se accetti passaggi, che film guardi alla tv”. “Interludio” presenta una voce pesantemente riverberata e rimbalza qua e là nelle cuffie, assieme ad effetti di reverse. Dalla quotidianità spicciola, le parole qui iniziano a percorrere una ricerca stilistica personale: “Subbugli, tumulti, palazzi, campagne elettorali, diffidenti come me questi giovani liceali. Grande è la confusione sopra e sotto il cielo, su questa superficialità sarebbe ipocrisia posare un velo”. Una distorsione lo-fi sporca brevemente la chitarra, per poi essere spenta nuovamente. E alla fine arriva un monito: “Ma prima o poi tutti i nodi verranno sciolti, e tutti noi saremo coinvolti”, evocando per un attimo la “Canzone del Maggio” di De André. Il quarto episodio, “In questi casi si dice buona fortuna”, dopo l’inizio acustico si trasforma in un pop rock con archi, e la voce ancora viene in certi punti effettata, stavolta con l’eco. Anche qui si nota l’impegno nello scrivere con un po’ di impressionismo: “Travolgenti come maremoti, le nostre parole rompono costole (…) Persone che sfrecciano in bici e sorridendo, e noi a testa bassa, camminando in un tunnel di luci bianchissime, come il riflesso di occhi che non vorresti mai lasciare andare via (…) Attenta che ti vola la gonna sul ponte dei morti delle nostre guerre, perse per eventi, malintesi e malintenzionati, e rondini che parlano nel cielo, alle tre del mattino”. “Finché esisto” spinge il pop verso il rock, e si torna nei dettagli di una relazione finita, tra accendini non restituiti e modi per non rivedersi. Ma alla fine compare un concetto contemporaneo abbastanza significativo: “Mi chiuderò dentro una bolla e la chiamerò esistenza”. Alla fine la bolla esplode, quindi la difesa che si fa muro crolla presto, per tornare a vivere. Un giro di quattro accordi con settime maggiori e minori, struttura “Distacco”, ultima canzone dell’EP, dove ancora le parole raccolgono impressioni disparate nello spazio: “Cadono i pianeti, la luna brucia, lo scotch è ancora sui vestiti, come il tuo buco nel letto. Ci sono menti spigolose, altri lividi sui muri, messaggi sulla neve e rami di ciliegio spogli”. Nel finale, la voce che ripete “Non ci basterà” viene moltiplicata e riverberata fino a saturazione, mentre l’arrangiamento da Norah Jones sfuma. Restiamo nel mare di riverberi vocali, sul quale una voce maschile parla in francese. L’effetto è psichedelico, e tra i vari esperimenti mostrati in un solo EP, quest’ultimo si rivela il più interessante, assieme a quello di “Interludio”, e Arianna Poli potrebbe continuare a percorrere questa strada, che valorizza le sue parole meglio ispirate. (Gilberto Ongaro)