KAJAGOOGOO  "Islands"
   (1984 )

Di certo la vita non è facile, se ogni giorno perdi un pezzo. Raggiunto il successo con un pop sintetizzato che aveva nelle tastiere, nel basso di Nick Beggs e nella capigliatura porcospinica del cantante Limahl i punti forti, oltre alla produzione di Nick Rhodes, in trasferta dai Duran. “Too shy” e “Ooh to be ah” ebbero gran successo, ma una volta al top iniziarono a volare i piatti. Limahl fece come Jack Frusciante, e lasciò il gruppo (per pochi successi singoli: “Never ending story” e null’altro da ricordare). Che fare, allora? Mettere a Nick Beggs un microfono – tanto il bulbo non era poi tanto diverso – e cercare di modificare il sound. La cosa andò anche bene, perché si passò dalla semplice discoteca a roba che si poteva ascoltare anche in radio, soprattutto perché la nuova voce non era così effeminata e limitata alle ragazzine. “Big Apple”, “The lion’s mouth” e “Turn your back on me” sembravano fatte apposta per quel suono pop che poteva uscire dalle luci stroboscopiche e dai fumogeni per andare anche nelle autoradio. Ahinoi, i generi e le paturnie del pubblico cambiano di ora in ora, ed evidentemente Limahl era più carino dei reduci: buon disco, meno successo. Per tornare in auge, tolsero il “googoo” per tornare come Kaja un anno dopo, ma ormai il mondo si era rivoltato. Che fare, allora? Beggs continuò a pompare di basso ovunque potesse, mentre Limahl, chiusa subito la sua esperienza solista, ha aspettato il ritorno in auge degli ‘80s: rimessa parrucca con punte mechate, si è messo a ricantare i suoi successi insieme a quelli dei Kajagoogoo. Tutti, intendo, anche quelli che non lo vedevano al microfono: un po’ come se Riccardo Fogli mettesse “Uomini soli” in una sua raccolta. Che roba… (Enrico Faggiano)