MR HOPE  "Long way home"
   (2018 )

Un biennio passato in Scozia: tanto è bastato a Mirko Pezzani per volturare il nome in Mr. Hope e farsi folgorare dalla musica che si respira da quelle parti, cosi da intraprendere l’indirizzo stilistico definitivo, dopo aver suonato punk, jazz e blues. In “Long way home” si mastica indie-folk, tanto apprezzato per illustri esempi dati da The Lumineers e Mumford and Sons, con alt(r)e ispirazioni di alt-rock tipo Of Monsters and Men. Credo che, a questi mostri sacri, l’artista ravennate debba molto, non tanto per l’emozione trasmessa ma piuttosto per l'aver abbracciato quella convinta filosofia nell’esser indie: ossia, non montarsi la testa e senza l’affanno d’inseguire il successo a tutti i costi, restando orgogliosamente fuori dai clichè giudiziali. I quattro pezzi dell’e.p. sono ampiamente descrittivi della sua avventura all’estero, tanto utile quanto risolutiva. All’ingresso di “Long way home” c’è la dolce e malinconica “Goodbye my land”, incorniciata da lacrime di violino, intense e toccanti, mentre nel singolo “Drop” il nostro incastra tasselli d’ironia verso coloro che dirottano la scarsa volontà di lavorare, indossando un comodo pigiama giallo e andando solo a zonzo per la città, come palesemente evidenziato nell’ambient del video in questione; ed il brano ha dettami freschi, in cui vige un intercalare gustoso che sa insediarsi bene tra i motivetti che ti ritrovi a fischiettare during the day . Pulsazioni folk scorrono nel rio nostalgico di “I miss you”, in un afflato di passionalità vocale che il Nostro “Sig. Speranza” sa infonderci con eleganza interpretativa, senza temere il confronto con blasonati storytellers. All’arrivo, si scorgono persino nascondigli di rock, con l’incalzante “The magical tales”, in cui il racconto si fa più deciso e grintoso come se (in acustico) i Nirvana si unissero al fremito violinistico dei Wonder Stuff. In definitiva, “Long way home”, oltre ad aver suggellato una precoce maturità ideativa ed esecutiva, è la prima oasi ufficiale che Mirko ha potuto eleggere come propria “comfort-zone”, per sviscerare il pulsante anelito di dire la sua, con misurato equilibrio e quadratura elaborativa, finalizzata a portare avanti la sua presenza d’artista in interessanti territori borderline . Se questa non è “speranza”… (Max Casali)