ALEXEIN MEGAS  "The white bird"
   (2018 )

Il primo album di Aléxein Mégas (al secolo Antonio Alessandro Pinto, da Casalvelino Marina nel salernitano) è un tripudio misurato e variegato di suoni e visioni. È un debutto molto positivo, contraddistinto da sonorità elettroniche e orchestrali che conducono l’ascoltatore attraverso un viaggio oscuro ed emozionante all’interno della propria psiche.

Fonti di ispirazione quali Nicolas Jaar, Bonobo e Jan Blomqvist sono gli elementi immediatamente riconoscibili di “The White Bird”, un esordio discografico importante e intrigante, che proprio un concept non è, ma che segue il percorso di crescita di un uccello bianco, protagonista delle storie raccontate nell’album. Il disco si apre con l’equilibrata “I Am a Shadow”, brano godibile che però è intessuto di richiami ostici e ambigui, dove, oltre ai nomi già fatti, si possono rintracciare vari riferimenti ad Aphex Twin o persino al trip hop dei Massive Attack. “Midnight Lullaby” rimanda esplicitamente al Jaar di “Space Is Only Noise”, con sonorità piuttosto sperimentali, mentre “Vector Space” è una cavalcata psichedelica verso l’ignoto. Liberarsi; volare; fuggire via. Queste sono le tre indicazioni che l’autore dà all’uccello e in generale a chiunque: allontanarsi dalla routine, da ciò che ci opprime, librarsi verso l’alto e osservare il mondo da fuori, scappando da ciò che vogliamo evitare. Lo scopo ultimo è quello di essere liberi, e per Mégas l’arte soltanto ci può indicare la via. Al momento epico segue “Bring Me to Life”, dissonante e complicata, uno dei brani più originali dell’album, con un cantato appena accennato che va a confondersi con i suoni creati dal tappeto elettronico; “DiscoNected2”, poi, è un pezzo lungo e cupo, uno dei momenti più meditativi del disco, che presenta percussioni da world music e si apre a un suono globale, impossibile da etichettare con precisione.

La seconda parte dell’album inizia con “An Electric Love”, dove le influenze di Bonobo e ancora del grandissimo Jaar, e anche del suo progetto secondario, Against All Logic, sono evidenti; qui però è poca la techno e molta di più la psichedelia; in certi momenti Mégas sfiora addirittura il dream pop o, come detto più su, il trip hop. “I Just Wanna Feel Good” è più aggressiva e ballabile, dalla melodia graziosa e travolgente: ne risulta un brano che sembra uscito fuori da “Clinging to a Scheme” degli svedesi Radio Dept. “The White Bird”, il brano che dà il titolo al disco, è una cavalcata epica dalle sonorità in parte nordiche, evidenti sia nei synth, che ricordano strumenti a fiato di battaglia celtici, sia nelle parti cantate, che ricordano quelle di un coro di soldati in marcia. “Life in a Box” è il passo definitivo dalla gabbia all’aria aperta, dalla prigionia alla libertà, e la melodia dolcissima sottolinea questa nuova condizione di vita. La conclusione spetta a “Rays of a Warm Sunset”, globale, sperimentale, ariosa, che dà un’ulteriore sfumatura a un disco che, per essere un esordio, risulta già molto maturo e convincente. (Samuele Conficoni)

(Samuele Conficoni)