OLIVIA BLOCK  "132 ranks"
   (2018 )

Non scomodiamo Ligeti e la sua “Volumina”, l’ovvio paragone che d’istinto viene da pensare, di fronte a questa composizione di Olivia Block. 49 minuti di un’unica esibizione per organo a canne, con cluster, effetti vento e molta improvvisazione. Inutile anche tentare un’interpretazione metafisica e pseudofilosofica della rappresentazione dell’energia dell’universo tradotta in suoni, o altre giustificazioni culturali. Olivia, compositrice sempre attratta dal suono di per sé, senza sovrastrutture di significato, in questo "132 ranks" (appena uscito per la celebre Room40 Records) mette alla prova la propria creatività, e la pazienza degli ascoltatori che tossiscono, come in ogni evento dal vivo che si rispetti. Per poter descrivere gli accadimenti di questa performance, si possono citare le azioni salienti, come in una cronaca calcistica. Dunque, l’azione parte col fischio… dell’organo, su note acutissime suonate pianissimo (registri chiusi), accompagnate da sibili e gravissimi suoni di vento. La situazione rimane statica, almeno fino al decimo minuto, quando giungono violenti cluster a canne aperte, cascate dissonanti che ricordano inevitabilmente la colonna sonora di “Shining”. Ora i fischi, che continuano ad affiancare le note di registro medio, assumono la parvenza di acufeni disturbanti, che prima del quattordicesimo minuto vengono lasciati nuovamente soli. Al quindicesimo i fischi vengono modulati, ondulati, sollecitati ad un movimento più deciso, che sembra non voler arrivare. Ma al diciassettesimo parte il contropiede di un accordo diminuito, al quale aggiungendo una sola nota si trasforma in un accordo maggiore con settima minore, come nel blues. Così finalmente gli animi si scaldano, fino alla fine del primo tempo, che poi non si tratta di un vero e proprio intervallo senza musica, bensì di alcune pause ravvicinate. Durante il secondo tempo, al ventottesimo la situazione si assesta, tra note dilatate e pigri passaggi non filtranti. Dovremo attendere il trentasettesimo, quando i cluster tornano finalmente a farsi minacciosi. La difesa – dell’ascoltatore – è debole, rischia di perdere la partita per sfinimento, ma attenzione! Clamoroso! Al trentottesimo Olivia Block parte all’attacco, stendendo un braccio sui tasti, assordando il pubblico per tre minuti buoni. Goool! Dopo questo dispendio di energia, la Block sembra stanca, e infatti si addormenta, poggiando la testa sull’organo. Al risveglio, intuendo la dormita, per non tornare in pareggio decide di temporeggiare, come la Corea nel 2002. Così, suona note via via più tenui, chiudendo gradualmente i registri, finché i fischi finali non concludono la partita, lasciando spazio solo al vento e ai sibili. Lo stadio si svuota, l’energia collettiva del tifo si spegne. Olivia può rientrare negli spogliatoi. La performance è stata a tratti fluida, concludendosi 1-0 con qualche piccola sorpresa, ma tutto sommato una giocata prevedibile, per lo stile a cui si riferisce, decisamente poco brasiliano e spettacolare. Per le pagelle, attendiamo il parere degli espertoni accademici, che certamente troveranno una giustificazione per i lunghi tempi morti, come una strategia psicologica atta a confondere l’avversario. E se noi plebei non la capiamo, vuol dire che al posto delle orecchie abbiamo un bidone dell’immondizia! (Gilberto Ongaro)