A LILY "Id-dar tal-missier"
(2018 )
Rimodellando in imperfetta solitudine il proprio verbo di misurata desolazione e tenue introversione sotto il moniker A Lily, James Vella, già mente dietro il progetto post-rock yndi halda (giova ricordarne almeno lo splendido “Enjoy Eternal Bliss”, debutto datato 2006), pubblica per Blank Editions le sei tracce di questo etereo “Id-Dar Tal-Missier” (“La Casa Del Padre” in Maltese), piccola meraviglia di estatica rarefazione lontana dalla frenesia della pazza folla, appena uscita per Blank Editions.
Interamente scritto, suonato e prodotto da James, l’album vede la partecipazione del sodale Daniel Neal – violinista negli yndi halda – e di Christopher Duncan e Rachel Dey ai cori: per il resto, è il parto di uno one-man-band che gioca coi suoi personali fantasmi, rallentando la corsa, stemperando asperità, lasciandosi cullare da una dolcezza mai mielosa.
Introdotto dalla cantilena ipnotica di “Banana Moth”, lamentosa e affascinante litania, il disco arranca suadente fra sussurri e droni, irradiando un tenue chiarore che avvolge il tutto in un’aura mistica, sospesa, irreale. Una elaborata ricercatezza innerva queste trame al contempo esili e ricche, ventisette minuti in cui tutto è sfuggente ed inafferrabile, a metà strada tra lievità visionaria ed aperture ad un art-folk riveduto e corretto.
“Paint Me With You Blood Again” dipana la sua melodia notturna tra echi di DIIV e Wilco allargandosi inattesa in un chorus da Steely Dan; “I Heard The Well Rope Sing” esordisce su cupi rimbombi percussivi prima di infilarsi in un gorgo tra My Bloody Valentine e primi Red House Painters sorretto da modulazioni di feedback come da improbabili tropicalismi di fondo. Sono variazioni impercettibili, spostamenti infinitesimali, sfumature carezzevoli, dettagli preziosi: il velo d’archi in minore che riveste la svenevole aria dilatata di “A Swimming Shoal” richiama contorsioni electro à la Soft Grid in uno sviluppo affatto prevedibile nè lineare, mentre “Mbira Heart” è puro Girls In Hawaii, con quel canto smozzicato e le sue spire avvolgenti. Vestigia di Carta e Moon Gravity conducono per mano l’epilogo soffuso di “It’s Getting Late You Know”, commiato dimesso che incornicia a tinte pastello un album di impalpabile bellezza, poco più di un refolo di vento in un pacifico crepuscolo. Delizioso. (Manuel Maverna)