ANALOGUE-X  "Course of life"
   (2018 )

A volte il compito è talmente facile che le recensioni potrebbero essere compilate da un qualche pilota automatico, e forse chissà se altrove qualcuno non faccia davvero così. Ma se per avere qualche informazione sul vocalist di questa band si va a scoprire che il suo nome è Renè Mussbach, e che in alternativa canta in un gruppo chiamato Depechen, ecco, si potrebbe blandamente ipotizzare – ma proprio blandamente, eh... – che intanto non sarà un disco reggae o metal, e che forse (forse, sempre, eh…) l’ispirazione dell’opera, quella che nelle parole crociate porta alla risposta “stilema”, potrebbe essere ricercata a Basildon. In realtà, arrivando cronologicamente non al primo posto per quel che riguarda la ricerca germanica di seguaci dei Depeche (senza n) Mode, gli Analogue-X potrebbero sembrare, almeno per chi conosce la scena, la carta carbone della carta carbone, essendoci già stati, tra i tanti, i Camouflage (planati anche in Italia, nel 1988, con “The great commandment”) e gli storici Devision, alfieri di quella darkwave che, chissà come, in Germania ha trovato terra fertile ove crescere. Ovviamente, non si può chiedere che tutti siano esperti in materia, e allora, cosa raccontiamo? Qualcosa che esce dalla presentazione del gruppo, “Parlano d’amore perduto, di fuga dalla realtà, e sono un mix tra '80 e '90”: tradotto, la malinconia sintetica che proprio i Depeche Mode avevano reso opera d’arte ai tempi delle celebrazioni nere e delle musiche per le masse. Ambientazione ottima per i nostalgici, quindi, e sonorità monolitiche che, appunto, richiamano quei tempi. Detto che la clonazione rischia di essere eccessiva (“Living together” pare un rimescolamento tra “It’s no good” dei Precursori e “Foreigner” dei Devision, per forza di cosa sconosciuta, quest’ultima, alle masse), è chiaro che l’oggetto in questione mira ad un pubblico preciso: siete orfani delle monumentali costruzioni tastieristiche di Martin Gore, e della voce cupa di Dave Gahan? Non siete rimasti particolarmente convinti della loro svolta synth-blues? Ecco, qui troverete pane per le vostre orecchie. Siete però soggetti che, in materia, qualcosa masticate e nel corso di questi anni vi siete aggiornati e sapete dove trovare darkwave senza dover a tutti i costi tornare a spogliarvi fino all’osso martellando automobili usate? Ecco, invece, in questo caso, potreste trovare gli Analogue-X, come diceva Ugo Foscolo di Vincenzo Monti, “gran traduttori dei traduttori”. A cui, forse, per fare il salto di qualità commerciale, serve una maggior consistenza nel trovare ritornelli cantabili (i Depeche Mode erano maestri nel far cantare gli stadi interi con le loro strofe) e un pizzico, proprio un pizzico, di minor mono-tonia nella voce di Mussbach. Comunque sia, se il genere vi piace e se non siete proprio di quelli che cercano il pelo nell’uovo, buttatevici pure. (Enrico Faggiano)