FABRIZIO DE ANDRE'  "Rimini"
   (1978 )

E’ quel che si suol dire un disco di transizione, che da un lato riprende i temi intimistici e poetici degregoriani del “Vol. 8”, dall’altro si apre verso le suggestioni etniche che domineranno sempre più i successivi dischi, fino all’ultimo capolavoro “Anime salve”. Di transizione sì, ma sempre di ottimo livello, a parte un po’ di riempitivo nel finale (più che altro lo scherzo in sardo “Zirichiltaggia” e lo strumentale “Folaghe”). Con questo disco inizia la serie di collaborazioni con altri autori, che si protrarrà fino all’ultimo disco: in “Rimini” il coautore (dei testi e delle musiche) è un allora semisconosciuto ma valido cantautore veronese, Massimo Bubola. Si comincia bene: “Rimini” è una stupenda ballata con delicati arpeggi di chitarra, un profondo ritratto di donna nello stile di Leonard Cohen. Anche se Teresa, a differenza di Suzanne, non è pazza “donna del porto” ma semplice figlia di un droghiere, ed è messa incinta da un volgarissimo bagnino, nella sua fantasia si alternano miti (e incubi) come la Santa Inquisizione, la rivoluzione cubana, Cristoforo Colombo eccetera. Insomma una “Suzanne” terra terra, come l’ambiente dove si svolge la storia (Rimini appunto, “tra i gelati e le bandiere”). “Volta la carta” è una filastrocca “folk” vagamente scozzese, con bei violini in evidenza, che narra le disavventure amorose di un’ingenua Angiolina. Con “Coda di lupo” si torna ad una certa durezza dei testi, una capacità di narrare realtà anche scomode (contestazione, anni di piombo) dicendo e non dicendo, avvalendosi di metafore prese dal linguaggio del Far West. Ermetismo crudo (dylaniano) in questo caso. Più sentimentale (degregoriano) è invece l’ermetismo di “Andrea”, magica ballata con suggestioni greche nelle tipiche chitarre pizzicate, il cui enigmatico testo parla di un uomo che “si è perso e non sa tornare”. “Avventura a Durango” è “Romance in Durango” di Bob Dylan. De André ebbe anche i complimenti del grande cantautore americano per l’ottima traduzione di questa storia di due fuggitivi, dall’ambientazione tipo western e dalla musica di indubbio colore messicano (anche se i ritornelli sono cantati in napoletano). La libertà è quella del viandante, del nomade, come anche nella dolcissima favola di “Sally”, storia fatata di un bambino a cui la madre raccomanda di non giocare con gli zingari nel bosco, ma siccome “il bosco era scuro, l’erba già alta… lì venne Sally con un tamburello” sparisce e si unisce al loro vagabondare. La impreziosisce una romantica fisarmonica che sottolinea l’azzeccata melodia dei ritornelli. Infine l’originalissima e cupa “Parlando del naufragio della London Valour”, in cui De André parla come in un talking blues dylaniano, ma invece di una scarna chitarra lo accompagna una suggestiva e intensa musica, tendente decisamente al rock. (Luca "Grasshopper" Lapini)