ESCHIMO  "Elvis ha lasciato l'edificio"
   (2018 )

I jeans, come l’ignoranza, non passano mai di moda. Solo che, quest’ultima, serve a poco e tanto inquina una società smarrita nella superficialità. Ma c’è anche un cappotto (Eschimo) ed una band omonima che, al momento, non rischiano la rottamazione perché, prevedibilmente, continueranno a piacere. Con “Elvis ha lasciato l’edificio” il trio toscano espone sul mercato una cinquina brillante di alt-rock, psych, noise e guizzi d’elettronica vintage, con tanto di frenesia incastonata dove serve. Un quarto d’ora che ha il merito di non stagnare in passaggi di routine ma di far circolare gli accordi con sagace tatticismo e, tra grinta e riflessioni, è “Inutile” provare ad inquadrare l’apertura del disco in qualcosa di somigliante: non ci riuscirete, talmente è anomala la sua scrittura. Le decise pennate di “Lettera d’amore” tengono alta la dinamicità del pezzo, a braccetto con tastiere acide ed un cantato votato all’impazienza. Con la musica, gli Eschimo provano a congelare precarietà, incertezza sul futuro, l’ignoranza (citata in premessa) e l'isolamento sociale in un freezer argomentativo, per poi scaldare il tutto con sonorità freneticamente risolutive. La bizzarria di mezza via è “Numeri e chiavi inglesi”: grancassa e charleston picchiano in uno slow-drumming strumentale per srotolare il tappeto alla successiva “Distante”, la più rappresentativa del penta-tracks, con la centrata sinergia tra keyboards e basso, ideale commento per un sottofondo da telefilm poliziesco anni ’70. “Reset” evidenzia clima vintage con intrecci sonori che solidificano la compattezza dell’episodio e, magari, il “Reset” sarà quello che questi ragazzi attueranno nel prossimo lavoro, in quanto gli Eschimo sapranno evolversi con altre formule accattivanti: non sono cosi fessi da non sfruttare la fantasia, che si è dimostrata l’asso vincente di questa mirabile cinquina. (Max Casali)