WORSELDER  "Paradigms lost"
   (2018 )

Occitania, terra di libertą, culla della civiltą europea, che dalla Francia meridionale ha coltivato i primi semi del pensiero anticipatore dell'Occidente laico e moderno. In questa terra dai labili confini nascono i Cątari, un'eresia cristiana che accusava la Chiesa Cattolica di essere serva di Satana, essendo corrotta e attaccata ai beni materiali. I Worselder sono una thrash/stoner metal band francese, e attingono il loro immaginario dalla storia dei Cątari per concepire l'album "Paradigms Lost". Le loro chitarre abrasive, la batteria che usa ma non abusa del doppio pedale, il basso che a volte viene effettato e a volte slappa, sostengono una voce carismatica e multiforme, capace di passare dallo scream a note cantate acute davvero potenti (specie nei pezzi "Severed" e "The Haven"). E qui si potrebbe gią concludere il lato musicale della recensione, tra tempi che vengono dimezzati e raddoppiati, qualche 6/4 (in "The Haven") e una costruzione fantasiosa e mai monotona dei pezzi. Il tipico thrash metal con attitudine stoner e molto groove, che soddisferą senza dubbio i patiti del genere. Sono gli affascinanti contenuti ad essere meno facili da descrivere. La Chiesa Cattolica, dopo un primo periodo di tolleranza verso l'eresia cątara, decise di indire una crociata contro di loro. Cristiani contro cristiani. Da questa suggestione forse nasce il brano d'apertura "Infighting", cioč "lotta interna". Da notare il ponte pulito, dal sapore dei System of a Down, per via della melodia che prosegue anche nel ritorno alla distorsione, fino alla fine. Il secondo pezzo, la titletrack "Paradigms Lost", tratta dei paradigmi persi per sempre, i modelli religiosi, culturali e politici, che nel tempo finiscono sempre per cadere, quando diventano altro da ciņ che erano in origine, quando chi ha promosso certi valori e certi idoli, finisce poi a tradirli (come si dice in "Idols": "There's a name beyond the idols falling down"). Dalla dissonanza tra il modello ipocrita imposto e quello che invece scaturisce autentico dalle menti libere, da lģ nascono i semi della ribellione. "Seeds of rebellion" č una corsa veloce che per certi versi ricorda "Holier than thou" dei Metallica (quelli ancora credibili). Coerentemente col tema, i Worselder a sorpresa citano per qualche secondo "The Wall" dei Pink Floyd, imitando il gioco d'ottava del basso e la chitarra stoppata di Gilmour. Si possono contare i "fuck" in "My consuming grief", uno dei pezzi con l'attitudine vocale pił violenta, per poi passare a un arpeggiato pulito che introduce "Home of the grave", dove l'andamento iniziale č pił melodico, nonostante la potenza espressa; tra parole sulla nazione e sulla civilizzazione, raggiungiamo la terra dell'abbondanza in chiusura all'album, col pezzo "Land of plenty". Seconda maestosa sorpresa, qui i Worselder ci cacciano nell'introduzione un vero coro da cattedrale, con tanto di accompagnamento orchestrale e registrato dal vivo, che esegue delle armonizzazioni mozzafiato. Per poi partire con l'ultima deflagrazione. "Paradigms Lost" č un prodotto davvero di buona fattura, potente, divertente, e di contenuto, piacerą sia ai pił semplici che ai pił esigenti. (Gilberto Ongaro)